Oggi è trascorso un anno da quando ai nostri Fucilieri di Marina è stato ordinato di rientrare in India e sono stati riaccompagnati a Delhi delegando all’India il diritto di esercitare nei loro confronti un’indebita azione penale.
Sono trascorsi 12 mesi senza che nulla accadesse, lasciando a Delhi la gestione della vicenda con un approccio caratterizzato dalle migliori tradizioni della scaltrezza orientale. Mercoledì prossimo, dopo l’ennesima missione in India con risultati fino ad ora a dir poco modesti, il Commissario di Governo dott. de Mistura, rientrerà in Italia e riferirà alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.
Alle 08,30 in audizione davanti alle Commissioni come annunciato addirittura da un tweet di Montecitorio. Cosa riferirà di concreto è difficile prevederlo, è certo comunque che non si risparmierà nel riconfermare la sua volontà ed il suo impegno per riportare a casa i due Marò con una serie di dichiarazioni di intenti che ormai siamo abituati ad ascoltare fino alla noia. Difficilmente dovremmo aspettarci che riferisca, invece, di risultati oggettivi.
Ci aspettiamo che almeno relazioni alle Commissioni la sua analisi sul perché improvvisamente Oommen Candy, “Chief Minister” dello Stato del Kerala, abbia scritto a Singh, chiedendo ieri al governo centrale di Delhi di non liberare i due maro’ “anche se intervengono le Nazioni Unite”.
Una presa di posizione formale quella di Candy, in concomitanza alla visita a New Delhi del presidente dell’Assemblea generale Onu John Ashe e dopo che il Ministro Alfano, poco prima di incontrare Segretario Generale Ban Ki-moon, abbia espresso frasi perentorie come “I marò devono essere immediatamente liberati”. E su questo “l’Onu deve assumere una posizione chiara e forte”.
Un appello dovuto nei concetti, ma che forse andava adeguato nei toni nel rispetto delle tradizioni del Palazzo di Vetro dove sarebbe stato sicuramente meglio accettato se proposto con un “dovrebbe”.
Un richiamo invece perentorio quello dell’Onorevole Alfano che non sembra però abbia ottenuto grossi effetti, alla stessa stregua delle tecniche “machiavelliche” applicate fino ad ora dal dott. de Mistura.
Infatti Ashe è andato in India, si è incontrato con i vertici di Governo, ma viene smentito che abbia affrontato nei colloqui anche il problema dei marò come forse invece “avrebbe “dovuto” fare secondo l’Onorevole Alfano” dopo i suoi interventi al Palazzo di Vetro.
Ashe si è incontrato con il Premier Manmohan Singh e con il ministro degli Esteri Salman Khurshid e poco si è saputo sugli argomenti trattati. Sicuramente, però, non si è parlato dei due Fucilieri di Marina come riferito dall’ANSA locale che ha raccolto una brevissima risposta dal portavoce del governo Syed Akbaruddin secondo la quale tuttavia Ashe “non ha trattato” con Khurshid la questione dei militari italiani bloccati da due anni senza processo. Lo stesso Ashe ad una domanda specifica avrebbe risposto: “Io sono presidente dell’Assemblea generale. L’Assemblea generale si occupa di questioni multilaterali”.
L’ottimismo di Alfano non ha tenuto conto dell’expertise del veterano diplomatico di Antigua e Barbuda e le parole del Ministro italiano sono rimaste tali forse anche per una semplicistica preparazione preventiva del contesto in cui si sarebbero svolti gli incontri fra Alfano e le massime Autorità di vertice delle Nazioni Unite.
Sarebbe interessante a tale riguardo, capire dalla relazione del dott. de Mistura, presente in quei giorni a Delhi, il perché non sia stato dato seguito all’appello del Ministro italiano e riferire, anche, sul preoccupante atteggiamento che sembra abbiano assunto i comunisti del Kerala nei confronti dell’Italia.
L’ANSA, infatti, oggi ci dice che i comunisti del Kerala stiano usando come tema prioritario della battaglia elettorale in Kerala il caso dei due maro’ trattenuti in India in vista delle elezioni del 10 aprile in cui lo Stato federale andrà al voto per le elezioni nazionali.
Il partito comunista keralese, che e’ all’opposizione, rimprovera il Congresso (al potere nello stato meridionale) di “incapacita’” nel gestire la vicenda e di “inchinarsi” di fronte alle richieste dell’Italia. “Dopo aver deciso in un primo momento di applicare la legge anti pirateria Sua – ha detto un alto responsabile del partito comunista marxista (Cpm), M.A. Baby, a un quotidiano – il ministero dell’Interno ha fatto marcia indietro”. Egli ha poi criticato il Congresso e in particolare la sua leader Sonia Gandhi per “questo voltafaccia” e per “non saper garantire la sicurezza dei pescatori”.
Credo che un’analisi su questo particolare aspetto, peraltro maturata sul posto dal dott de Mistura, dovrebbe rappresentare il nocciolo della sua relazione alle Commissioni, in quanto elemento fondamentale per individuare una linea di azione futura che sia basata su fatti piuttosto che su parole e che almeno offra una qualche garanzia di successo, a differenza di quanto è avvenuto fino ad ora e continua ad avvenire.
Un Ministro della Repubblica che ci racconta da oltre Oceano di essere stato credibile e convincente con i vertici delle Nazioni Unite per poi essere subito dopo sconfessato dai fatti, un rappresentante del Governo che da mesi promette ferme e decise contromisure nei confronti dell’India che però nessuno riesce a capire quale siano.
Nel frattempo il tempo trascorre inesorabilmente. Oggi è un anno da quando i nostri militari sono stati riconsegnati all’India con una decisione che dovrebbe trovare alcun riscontro in nessun passo del nostro ordinamento giuridico penale e Costituzionale.
Una determinazione che potrebbe invece essere motivata dalla tutela di interessi di parte che il 22 marzo 2013 ha indotto a “vendere per trenta denari” Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e che ancora oggi consigliano a “prendere tempo” piuttosto che avviare le iniziative internazionali previste, prima fra tutte l’arbitrato.
Aspetti non chiari della vicenda che dovrebbero indurre ad istituire una Commissione di inchiesta parlamentare che accerti se un anno fa è stato deciso bene nel totale interesse dei due militari italiani, assicurando loro i diritti di cui si dovrebbe essere garante uno Stato di diritto.
Fernando Termentini