IL PREZIOSO SAGGIO DI GIUSEPPE PETIX SU QUANTO SI SCORGE O SI CELA DINANZI, DENTRO ED OLTRE LE OPERE DI LEONARDO DA VINCI
Se Giuseppe Petix avesse voluto stupirci con effetti speciali irresistibili, avrebbe faticato di meno ed assemblato di più tirando fuori centinaia e centinaia di pagine prodigamente illustrate per un maxi-volume frutto d’una storia infinita di semplicissimi “copia / incolla” finalizzati a compendiare in un solo testo quantitativamente corposo quel di tutto e di più che, ormai da tempo (e soprattutto a causa della “sindrome da Dan Brown”) aleggia, incombe, gravita, grava ed esterna su Leonardo & dintorni, dopo secoli di approcci legati “sic et simpliciter”, fatta salva un’antica e caparbia minoranza – e non solo di esponenti della critica d’arte – volta a scrutare “dentro” ed “oltre” gli esiti creativi, ad interpretazioni di taglio e spessore meramente iconografico, ergo dimensionate nel solo ambito dell’analisi tecnica e delle risultanze cogitative di ciò che si deduce e si prova “davanti” alle immagini.
Ma se Giuseppe Petix avesse fatto questo, avrebbe stupito solo gli sciocchi e i visionari, le cui genitrici (assieme alle madri d’altre e più miserande tipologie antropologiche) s’appalesano sempre incinte, poiché il “quantitativamente corposo” di cui sopra si sarebbe rivelato àthanor babelico ed acritico anche di residuali, ma inesauribili esternazioni di stravaganze ed incongruità pronte a rivelarsi funeste metastasi a danno d’ogni pur sincero e ribadito proposito di rapportarsi seriamente a un tema (quello, appunto, di Leonardo e dei suoi numerosi “codici” criptati e/o additati) che è meritevole di ben altro.
E che, nello specifico, viene testimoniato proprio da Giuseppe Petix con questo saggio, profondo ed agile al tempo, nel quale l’Autore (lungi, ribadisco, dal ripercorrere ancora, e per sterile “overdose” documentaria, tragitti e sentieri già conclamati più che abbondantemente) si limita ad assemblare le sue specifiche considerazioni, lavorando – ed è ovvio – per sequenze di ipotesi (guai, se in altrettanto “trip” d’arroganza narcisistica, le avesse auto-innalzate ad inoppugnabili tesi: errore da patibolo) e presentandosi al variegato pubblico dei fruitori (esperti e / o profani) con quella pacatezza, sincera ed encomiabile, che intende proporre ma non imporre, nel supersegno della competenza e della serietà.
Non è questa la sede per riassumere e riciclare (offrendomi anche all’inevitabile rischio di deformare per sovrabbondanza di passaggi) quel che già Petix sintetizza nel suo studio, ed in modo chiaro, e con propositi egualmente suddivisi fra livelli d’alta ricerca ed esigenze d’intenzionale apertura divulgativa: mi limiterò a dire che, nella maggioranza delle pagine di questo prezioso volume, ho colto (e tutt’altro che esotericamente) l’aura e l’impronta di un “nuovo” che non è il banale, strumentale, meccanico opposto del “vecchio”, ma qualcosa di più, teso ad intrigare e a coinvolgere, ad affabularci ed a far cogitare, aprendo il terzo occhio della deuteroscopia oltre ai due occhi della limitata visione fisica.
E sarà proprio per merito di questa nuova ed imprevista sollecitazione ad oltrepassare il “davanti” per entrare “dentro” ed “oltre” la lettura delle più misteriose opere di Leonardo (nelle quali troveremo filosofia occidentale ed orientale, antropometria mistica, sapienza teurgica, criptogeometria, artematica, architettura occulta, geogrammi speculari, evocazioni arcane di simboli ed effigi, apparizioni aliene ma anche il costante aureolare d’un “divertissement” finissimo e spesso beffardo di enigmi e vaticini) che, e grazie all’elevato acume ed al costante, sottile sollecitarci di Giuseppe Petix, impareremo, oltre a sperimentare le decriptazioni condivise dei vari “Codici da Vinci”, anche ad aprire i “codici” delle nostre menti che attendevano d’essere stimolate dal suo serio, alto e valido argomentare senz’altro destinato a diventare, in ogni contesto e ad ogni livello culturale, del tutto “disquisibile” (e non certo “discutibile e basta”, come, ahimè, accade a chi s’addentra nell’ “antico”, e senza itinerari eteroguidati da convenzioni e convinzioni, per cercare e trovare, ed ovunque, le chiavi di tutti i codici del “nuovo”).
Prof. Nuccio Mula
Scrittore, Giornalista
Docente universitario di Filosofia e Fenomenologia dell’Immagine,
Teoria della Percezione e Psicologia della Forma
Componente dell’Associazione Internazionale Critici d’Arte, Parigi