Qualunque cosa accada d’ora in avanti, l’unica previsione certa è un ritorno alla Guerra Fredda. In Crimea sono stati in molti a festeggiare oggi l’annessione della penisola alla Russia grazie ad un referendum giudicato anticostituzionale, illegale ed illegittimo. Un risultato che non verrà riconosciuto dall’Unione Europea, dagli Stati Uniti e da molte altre nazioni al mondo.
Putin forse oggi vittoria, ma forse lo fa troppo presto e di questo ne è consapevole.
Da Washington l’avvertimento è chiaro, Mosca adesso dovrà affrontare le conseguenze di una violazione del diritto internazionale e per aver avviato un intervento militare in danno di una nazione sovrana.
Putin ha ignorato i consigli di chi lo invitava alla prudenza. Ha fatto orecchie da mercante al mondo della finanza che dovrà pagare lo scotto di una scelta che porta la Russia a sfidare il mondo. Il suo sogno di costruire un impero eurasiatico basato sull’individuazione del nemico comune, individuato negli Stati Uniti, potrebbe risolversi in una crisi economica dalle conseguenze difficilmente ipotizzabili oggi. L’anti-americanismo russo che si è trasformato in una vera e propria ideologia, peraltro comune a certe frange dell’estrema destra e dell’estrema sinistra europea, ha portato il Cremlino a superare il punto di non ritorno.
La secessione della Crimea dall’Ucraina porterà ad un escalation delle tensioni, considerato anche il fatto che l’annessione della penisola al territorio russo allo stato attuale sarebbe soltanto politica, visto che i due territori non sono confinanti e Mosca avrebbe dunque la necessità di crearsi un corridoio che le permetta di raggiungere quello che ormai, illegalmente, illecitamente ed in violazione di tutte le norme di diritto, è comunque un suo territorio.
Lo farà militarmente? Occuperà altre regioni dell’Ucraina? I timori degli osservatori internazionali, nonostante si cerchi di minimizzare il rischio, sono questi. Timori alimentati dai movimenti dell’armata russa in Crimea e in prossimità dei confini ucraini.
L’intervento militare russo in Ucraina potrebbe però provocare le forze della NATO. I russi tuttavia sanno bene che oggi non sarebbe più possibile un ritiro delle forze militari dalla Crimea, che metterebbe a repentaglio la sua sicurezza e indebolirebbe la profondità strategica di Mosca.
Un problema che è molto più serio di quanto in apparenza non possa sembrare, visto che Mosca si vedrà adesso costretta a mantenere in Crimea un’adeguata forza militare, nel momento in cui sarà inoltre soggetta a sanzioni e si ritrova con ridotte forze militari ed armamenti.
Le uniche possibilità che restano al Cremlino, fallito l’asse Putin-Berlusconi-Gheddafi, sono quelle di rafforzare i legami economici e militari con Pechino e Teheran. Un asse che in particolare con Teheran potrebbe fondarsi sulle scelte nel settore nucleare.
Entrambi dovranno però fare i conti con l’instabilità politica di alcuni paesi come l’Afghanistan, la recrudescenza del terrorismo e con l’espansione delle basi militari statunitensi in Asia centrale , nella regione del Mar Caspio e nel Golfo Persico.
La Casa Bianca a seguito del referendum di oggi in Crimea, tramite il suo portavoce ha precisato che gli Stati Uniti hanno fermamente sostenuto l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina, rifiutandosi di riconoscere il risultato della consultazione popolare.
“Questo referendum – ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca – è contrario alla Costituzione dell’Ucraina , e la comunità internazionale non riconosce i risultati di un sondaggio effettuato sotto minacce di violenza e di intimidazione di un intervento militare russo che viola il diritto internazionale”.
Nessun referendum sancirà dunque la pace nella regione, e ben lo sa Putin che anche oggi ha fatto muovere le sue divisioni per mantenere sotto controllo la Crimea e per minacciare militarmente il vicino ucraino…