Il gioco delle tre carte indiano continua, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono ancora in India mentre in Italia, improvvisamente, i nostri politici scoprono la vicenda con ansia come se tutto fosse accaduto da pochi giorni.
Invece la storia è cominciata due anni orsono mentre chi ci rappresenta sembra che se ne accorga solo ora. Per la prima volta la Presidente della Camera Laura Boldrini ufficializza la propria posizione al Presidente dell’Europarlamento, affermando che “la vicenda riguarda tutta l’Europa”. Anche il Presidente Giorgio Napolitano a Strasburgo ha finalmente sottolineato che “i due marò non erano in India a pescare ma per una missione internazionale”. Un’uscita inaspettata quella del Presidente dopo mesi di silenzio nonostante che in passato fosse stato invitato reiteratamente – anche da scrive – a far conoscere il suo pensiero sulla vicenda.
I parlamentari improvvisamente scoprono che chi ha riconsegnato i nostro Marò all’India ha compiuto un atto indebito delegando a Delhi il diritto di giudicare. Lo dice esplicitamente il Presidente della Commissione Difesa del Senato Nicola Latorre quando afferma “non si può svolgere alcun processo in India perché la giurisdizione è di competenza italiana”.
Un coro di voci che dal silenzio più assoluto ha raggiunto toni altissimi. Anche il Presidente della Commissione Esteri fino ad ora silente parla e, petto in fuori, reclama che la vicenda deve essere portata a livello internazionale. Dichiara, “finora i governi italiani per trovare un componimento della vertenza si sono concentrati nel confronto con la giustizia indiana”, “bisogna vedere se non e’ venuto il momento non solo della internazionalizzazione politica del caso” e “ma anche di quella giudiziaria portando la vertenza stessa a livello internazionale. Nel frattempo dobbiamo rinnovare la richiesta che i due fucilieri di marina ritornino in Italia”.
Un richiamo a quello che doveva essere avviato da tempo, un Arbitrato internazionale che imponesse all’India il rispetto del Diritto internazionale e quello pattizio relativamente allimmunità funzionale.
Tutti costoro anche nel buio mese di marzo 2013 sedevano in Parlamento, ma allora non parlarono condividendo supinamente che i due Fucilieri di Marina fossero rispediti in India, neanche fossero un pacco postale.
Anche il Presidente della Commissione Esteri della Camera in quei giorni era forse disattento invocando un ricorso alla Giustizia internazionale che, invece, già l’11 marzo u.s. era stato individuato dall’allora Ministro Terzi. La richiesta di un Arbitrato internazionale, prassi consolidata quando esiste una controversia fra Stati, atto procedurale assolutamente normale come dimostra l’azione intrapresa dai Paesi Bassi contro la Russia. il 4 ottobre 2013, quando il Regno dei Paesi Bassi ha avviato un procedimento arbitrale contro la Federazione russa a norma dell’allegato VII alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (International Tribunal for the law of the sea Tribunal International du Droit de la Mer : Press Release, Arbitrators Appointed in the Arbitral Proceedings Instituted by theKingdom of the Nerherlands Against the Russian Federation in respect of the Dispute Regarding the Artic Surnise).
Una conferma che la strada individuata dal Responsabile della Farnesina, l’Ambasciatore Terzi, era la via maestra da percorrere senza esitazione, peraltro precedentemente concordata con i Ministri coinvolti nella vicenda per funzione, dallo stesso Premier Monti e comunicata a tutte le più importanti Sedi Diplomatiche sparse nel mondo.
Procedendo in questa direzione si sarebbe fatta chiarezza e l’India non avrebbe potuto continuare con lo scialbo “gioco delle tre carte”, che sicuramente non è destinato a cessare. Un’iniziativa che oggi, a distanza di sette mesi, l’Onorevole Cicchitto ritiene assolutamente necessaria, scoprendo improvvisamente un importante aspetto del Diritto Internazionale nonostante dovrebbe essere noto fin dal primo momento a chiunque si sieda fra tavoli della Commissione Esteri della Camera dei Deputati.
L’unico risultato certo è che dopo 24 mesi Delhi continua a tenere banco. Ora parla di un ripensamento che prevederà l’applicazione della Sua Act (la legge antiterrorismo indiana) escludendo però la pena capitale. Sembrerebbe una vittoria italiana , ma invece è l’ennesima sconfitta perché secondo l’Ordinamento indiano applicare la SUA significa obbligare limputato a dimostrare la propria innocenza sollevando il Tribunale da provare la colpevolezza.
Un particolare di non poco conto considerando che la difesa dei due militari è stata esclusa dalle indagini oggettive e scientifiche e quindi non è al momento in possesso di elementi sui quali costruire un impianto difensivo credibile.
L’affanno politico, però, non sembra coinvolgere né il Presidente del Consiglio Letta che solo oggi ha scritto al quotidiano Il Tempo rassicurando l’impegno del Governo, una sorta di dichiarazione di intenti ormai nota e ritrita perché nel passato appannaggio di tanti.
Per contro il Ministro degli Affari Esteri Bonino continua a tacere, solo un’altra modesta dichiarazione oggi quando ricorda, bontà sua, che l’India non ha diritto di giudicare, mentre accetta che il Ministro della Difesa Mauro apra contatti diretti con il Segretario Generale delle Nazioni Unite, atto inconsueto per il massimo Rappresentante della Difesa, forse unico nella storia dell’ONU da quando è stato fondato.
La situazione è sempre meno chiara con i vertici della Marina Militare che scelgono la navigazione a “quota periscopio” . Molti ci sarebbe da chiarire ed un giorno pretenderemo che venga fatto. Aspetti poco chiari come ieri ci ricorda Antonio Milella che nel blog “La vera Italia”, quando richiama alla memoria gli avvenimenti di quel buio mese di marzo 2013 e scrive Terzi, all’ epoca della decisione di trattenerli in Italia e istituire la richiesta di arbitrato in data 11/3/2013 al termine della ” licenza elettorale ” pressarono l’ allora PdC Monti per bocca dell’ ex Ministro Passera non solo a rinunciare all’ arbitrato ma addirittura a riconsegnarli all’ India contro ogni logica di diritto internazionale”.
L’India intanto continua a fare buono e cattivo tempo, annunciando soluzioni e nello stesso tempo rinnegandone i contenuti, forse si prepara a cancellare il rischio della pena di morte per i nostri militari con un artifizio normativo degno del più abile pragmatismo orientale e si prepara probabilmente a chiedere come contropartita la tutela da parte italiana dell’immagine di rappresentati di vertice dell’attuale Governo, che sembra siano implicati direttamente nelle tangenti di Finmeccanica.
L’Arbitrato continua a rimanere una dichiarazione di principio a cui non viene dato corso. I motivi di questa decisione non sono chiari né intuibili soprattutto dopo che insigni accademici esperti di diritto internazionale si sono pronunciati favorevolmente.
Un’ipotesi potrebbe essere quella che si vuole evitare che in occasione dell’Arbitrato si sia costretti a produrre documenti o riferire fatti che potrebbero creare imbarazzo per chi ha preso determinate decisioni, a partire da quella di aver accettato la proposta dell’Armatore di far rientrare la Lexie sul porto di Koci.
Fernando Termentini
Sembra che tutti stanno uscendo dal letargo, peccato che questa triste vicenda è iniziata il 15 febbraio 2012