Nei giorni scorsi grazie a un audio esclusivo del “fattoquotidiano.it”che riportava la telefonata intercorsa nel 1990 tra Giuliano Amato, allora vice segretario e deputato del partito socialista, e la vedova di un dirigente socialista, molti italiani si saranno di certo disgustati di una politica che ripesca dal cilindro vecchie facce spacciandole per illustri personalità con un alto senso delle istituzioni. La telefonata che data al 21 settembre 1990 anticipava di qualche mese l’inizio di quella bufera che è stata Tangentopoli la quale ha fatto tremare fin dalle fondamenta i palazzi della politica italiana, mettendo alla berlina un sistema politico corrotto e autoreferenziale.
Nell’audio pubblicato dal “Fattoquotidiano” Giuliano Amato, che appena qualche giorno fa è stato nominato da Giorgio Napolitano componente della Corte Costituzionale, invitava la moglie del defunto senatore Paolo Barsacchi, accusato dai vecchi compagni di partito di avere intascato una tangente di 270 milioni di lire, ad evitare “una frittata”. La vedova aveva minacciato di fare nomi e cognomi nel tentativo di evitare che il nome del marito, deceduto e non perseguibile, finisse nel registro degli indagati a tutto vantaggio di altri o reali colpevoli che sarebbero rimasti impuniti.
Nel contesto di quel clima corrotto e avvelenato che avrebbe condotto da lì a poco tempo allo scandalo tangentopoli e per mezzo di una non onorevole conversazione telefonica prese corpo l’invito di Amato alla vedova Barsacchi. Un invito non amato da tutti quegli italiani – e vogliamo pensare siano la maggioranza – che giorno dopo giorno nel solco della legalità, lottano al prezzo di duri sacrifici e lavorano per costruire un Paese migliore rifuggendo da scorciatoie e “sottili” intrallazzi.
Come ha potuto oggi il Capo dello Stato nominare giudice della Corte costituzionale colui che nel 1990 era il vicesegretario del partito più corrotto d’Italia? Quale credibilità e speranza ripone oggi Napolitano nell’uomo che in quel settembre del 1990 invitò la signora Anna Maria Gemignani a difendere l’onore del defunto marito soltanto con un “lui non c’entra”, evitando di raccontare ai giudici tutto quello di cui ella era a conoscenza?
Non meno discutibili le dichiarazioni di Massimo D’Alema nel corso di una nota trasmissione televisiva andata in onda lunedì sera 16 settembre 2013 su La7, che, chiamato ad esprimersi sulla nomina di Giuliano Amato e sulla richiesta di dimissioni dello stesso Amato proposta dal M5S; il divin baffetto del PD ha risposto: “Non scherziamo, Amato è giurista competente. Il resto non conta nulla”.
Nell’Italia di oggi, infatti, per la politica italiana cosa dovrebbero contare valori quali la moralità, la rettitudine, la parola data, l’onestà e il rispetto per le istituzioni democratiche? Semplicemente Nulla. Concetti e valori troppo difficili da comprendere e, soprattutto, da seguire. Tanto vale chiudere entrambi gli occhi di fronte a nomine tanto discutibili quanto imbarazzanti. Per il resto, a parte certi valori, la politica italiana ha smesso già da un pezzo dall’inseguire la credibilità internazionale. Chi non ricorda su tutti i sorrisini tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy contro un noto premier italiano che ancora adesso con i suoi guai giudiziari tiene in stallo un intero Paese in un precario quadro politico ed economico di cui la sinistra italiana e i suoi più “eminenti” esponenti non possono dire di non essere ugualmente responsabili?
Chi non ricorda il clamoroso discorsetto del 2003 di Luciano Violante in Parlamento sul conflitto d’interesse: “L’On. Berlusconi sa per certo che gli è stata data la garanzia piena, non adesso, nel 1994 che non sarebbero state toccate le televisioni […]”? Nel 2013 gli italiani si augurano che nessuno all’ombra del voto segreto e di discutibili nomine possa garantire alcunché a chi è stato condannato al terzo grado di giudizio con sentenza passata in giudicato.
Purtroppo le dichiarazioni dalemiane, unitamente all’enorme potere che si è concentrato nelle mani del Capo dello Stato che lo esercita prepotentemente con moniti, interferenze nelle decisioni e lavori parlamentari, lascia poche speranze a un radicale cambiamento in cui la sinistra non sia più la stampella del leader del centrodestra e tutti i cittadini e le aziende siano realmente uguali dinanzi alla legge e, soprattutto, dinanzi alla politica.
Totò Castellana