
C’è la Corte Europea dei Diritti dell’uomo. Ha sede a Strasburgo. La sua giurisdizione si estende al diritto internazionale e interviene solo a determinate condizioni, che ci sia una lesione di diritti umani e che ogni grado di giudizio del paese competente sia esaurito.
I diritti umani cui fa riferimento sono quelli delle libertà fondamentali, di voto, di scelta, di lavoro, di idee, di espressione. Soprattutto di vita e di riconoscimento delle elementari forme di esistenza.
Sono considerate violazioni, le lungaggini dei processi ordinari per vedersi riconosciuto un risarcimento, le mancate applicazioni corrette di una condanna penale.
Ogni violazione alla propria privacy, di rilevante gravità può essere oggetto di ricorso. Le cifre da guardare per noi sono imbarazzanti. Siamo I padri della liberazione e dell’indipendenza, citiamo la nostra Carta Costituzionale ad esempio in Europa.
Dovremmo avere pochi problemi e pochi rapporti con una Corte che dovrebbe maggiormente avere a che fare con paesi più turbolenti appena entrati in Europa.
Invece no. Siamo secondi. Per ricorsi e per violazioni. Siamo I primi per violazioni alla regola fondamentale del giusto processo in assoluto, secondi se sommiamo anche le violazioni alla privacy e alla proprietà.
Per la cronaca peggio di noi c’è solo la Turchia. Non proprio l’esempio principe di democrazia.
Abbiamo una applicazione di giustizia fondata sulla buona volontà, le relazioni della Corte sulle nostre mancanze sono imbarazzanti. E credetemi, I giudici sono gli ultimi colpevoli, le toghe rosse cattivone sono oberate di faldoni. Per carità, ogni casta ha le sue rogne e I giudici non si fanno mancare nemmeno loro il marciume.
Però quando mi parlano di ingiustizie e di violazioni, I primi che mi vengono in mente non sono I giudici.
Quando penso a loro, vado a Falcone, Borsellino, sì, ma anche Chinnici, Ciaccio Montalto, Costa, Terranova, Scopelliti, Livatino, Saetta. Caduti per questo Stato che non li merita.
E Caponnetto. Imposimato, che ha collaborato con la Corte europea e Carlo Palermo, scampato a un attentato, dove morì Barbara Asta e I suoi due figli. Entrambi sono nel libro che ho scritto insieme a Daniela Gambino, Vent’anni, sulle stragi del ‘92.
Quando penso alle ingiustizie, alle corruzioni, al peculato, ai mandanti di stragi mafiose e ai misteri di Stato, ai servizi deviati, alle collusioni, la parola che mi viene in mente comincia per “P” e finisce per “A”. E non è Pretura, rimanendo in tema di processi. No. Se pensate di essere in un paese ancora libero, cominciate a riflettere seriamente.