Un pomeriggio bianco. Il cielo sembrava vuoto. Le stanze erano in ombra e la cucina in ordine.
La Nonna stava seduta con la schiena contro il muro, la testa fra le mani, di fianco al tavolo dove si mangiava e dove Elle faceva i compiti. Nonna Di. Il quaderno di Elle era aperto e in mezzo ci stava adagiata la penna. Elle scrutava la nonna, come le ombre si posavano sul suo grembiule, sulle sue gambe esili, ed ascoltava il ronzio del frigorifero. Nonna Di gli aveva raccontato di zio Oscar, che era andato via dalla vita molto giovane. Ogni volta nonna Di si rammaricava, si emozionava. Elle immaginava zio Oscar, giovanetto, pieno di amici, come lui non ne aveva mai avuti, e sentiva che non avrebbe mai preso nel cuore di Nonna Di il posto di zio Oscar. Questo ragazzo sacro, questo ragazzo ceduto troppo presto a Dio. Era turbato. Intanto, per mascherare l’emozione, giocava a tirarsi in gola la gomma da cancellare. Prima prova: la gomma finiva sulla punta della lingua e veniva prontamente risputata fuori. Seconda prova: la gomma finiva sul ponte estremo della lingua e abilmente ripescata e sputata fuori. Ultima prova: la gomma finiva in gola ed era impossibile ripescarla. Elle diventa rosso e sta per morire. Nonna Di prontamente gli caccia in bocca le sue dita e tira fuori la gomma. Calda. Mentre Elle tossisce, immagina che per un attimo Nonna Di non ha pensato ad Oscar, o forse si, forse in un lampo ha pensato di lasciar andare via anche Elle, e rimanere sola con il pensiero di zio Oscar. Viene sgridato, abbassa la testa sul quaderno e cerca di fare i compiti.
L’orologio sopra la porta della cucina fa un verso insopportabile, assieme al frigorifero e alla lampadina al neon che clicca con una pausa di tre battute: tac,uno, due, tre, tac; frrr, si aggiunge il frigorifero con il suo continuo simile alla perennità crudele dell’orologio.
Il cielo da bianco si macchierà di grigio, e nella stanza le ombre saranno sempre più fitte.
Nonna Di scuote la testa e specifica, in umbro, che appena ha sentito la gomma calda, le si è gelato lu sangue. Poi si alza e apre il frigorifero per preparare la merenda per sé e per Elle. Due fette di pane con un po’ di ricotta. Elle divora la sua e poi guarda quella di Nonna Di, che ne lascia metà e gliela cede:-Me ne privo- mormora. Ad Elle si stringe lo stomaco e lascia la fetta bianca nel piatto. Non ne ha più voglia. Tra lui e Nonna Di c’è un silenzio spesso come i muri della casa, rotondo come il piede del tavolo in camera da pranzo. C’è una distanza come tra la branda di Nonna Di e la sua poltrona letto, loro due dormono insieme, tra il tavolo e la vetrina massiccia accostata al muro. E’ così vicina invece Nonna Di, è all’acquaio, sciacqua il piatto dove ha posato il pane. E’ piccola e rotonda, lui l’ha quasi raggiunta in statura. E’ però un gigante sofferente, paziente, lontano. Elle si butta per terra e si rotola, con molta energia appena Nonna Di si gira. Allora vede quel che gli fa piacere: Nonna Di spalanca gli occhi e con un certo slancio cerca di avvicinarsi. Lui grida e smania tenendosi la pancia. Riesce perfino a singhiozzare, che la ricotta gli ha fatto male, che si sente del sangue in bocca. Appena Nonna Di lo supera per aprire la porta e chiedere aiuto, lui comincia a ridere. Spera che anche la Nonna rida, perché lui non muore, lui è vivo, lui è meglio di Oscar. Invece si trattiene dal dargli un ceffone e si risiede sulla sua sedia di vimini, e guarda avanti a sé, verso il muro. Elle finisce i suoi compiti. E quando rialza gli occhi sulla nonna, è sera, il cielo si è spento. Nonna Di forse dorme. Ha il capo piegato dolcemente sulla spalla e Elle le accarezza il volto. E piano la chiama, come in sogno. E lei non risponde.
Sara Milla