Succede che trovi le parole, sempre, le sprechi, ne metti in più quando non serve girare intorno al recinto delle polemiche. Poi nelle cose importanti le tasche che le contenevano, sono vuote. C’è chi pensa sia un male, ma quando tutto va male, quando non ci si capisce più, è meglio decifrare i gesti. Del resto quando si prendono direzioni vecchie o nuove, lo si fa muovendosi, non parlando. Le parole ingombrano, specie quando hai bisogno di bagagli leggeri e di portarti solo l’essenziale. Quello che vuoi salvare davvero.
Non usano parole a caso, forse per questo ci sono viaggi dal sapore femminile che iniziano solidi. I mattoni delle promesse non sono messi con capriccio. Anche se a volte quelle promesse si ritrovano nella lettera che l’una scrive all’altra. Chissà perché la vita spesso esige tributi di incomprensioni per cementare i sentimenti opposti. Nelle difficoltà si scremano i pochi amici che vogliono davvero essere compagni di viaggio. Per quanto, non importa.
Le osservi camminare insieme, prendere la stessa direzione, quella che detta la strada di una che parla e l’altra che ascolta. Ascoltare, verbo riduttivo, in fondo è molto di più, è raccogliere cocci di dolore o fiori di gioia, nel frattempo si procede. Amicizie decriptate, in cui ogni segreto non lo è più, condiviso in due, a volte anche anticipato dall’altra.
Spesso non sono rapporti cumulabili, gli equilibri che regolano i flussi di intesa tra due amiche tendono a non potersi dividere, spesso sono fragili anche gli equilibri che tengono il filo di amicizie a tre.
A volte reduci da qualcosa che le segna a livello di DNA, anche solo aver creato una vita da loro stesse, i figli, le rende simili a dee, ma con dolori terreni.
Quei pianeti si incontrano in giornate invernali che sanno di cioccolata calda.
In momenti impercettibili si arriva a consegnare con gesto fugace e discreto la chiave del proprio cuore, ci si confessa e si torna ragazzine, anche ammettendo lati del proprio carattere che fanno parte di un repertorio che la morale comune non classifica da brave ragazze. Si raccontano vicendevolmente di corteggiamenti fini a sé stessi, di lacrime e di pensieri che dal miele virano al peperoncino.
Le amiche lasciano che un sorriso emerga come una ninfea anche se intorno c’è uno stagno di disperazione, lasciano che gli anni non pesino nonostante siano sassi pesanti quando alla porta bussano i rimpianti. Ma se ci sono figli c’è da prendere a calci anche le malinconie, a loro vanno riservati sorrisi, per loro si sceglie una direzione di vita che espone la famiglia a una prova tremenda, trovare le ragioni che la rendono coesa, espellere tutto quello che non va bene, ai limiti dell’omertà.
Quando raccontano degli uomini della loro vita a volte sembra parlino di prestigiatori, illusionisti che hanno promesso vite da favola, facendo troppo spesso cadere gli scenari di pura cartapesta. Si trovano a mettere in conto che spesso anche lo scenario sia stato portato via per un tradimento e un’altra donna da illudere. Vedono il tradimento come una leggerezza più incline all’uomo, per loro è un passa gravoso, un cicatrene del rifiuto più totale opposto dall’amore su cui avevano scommesso.
Sentono l’allontanamento di cuore prima che di quello a pelle, se lo raccontano prima, se lo descrivono raramente sbagliando le battute del copione che già attendono.
E forse serve a far meno male, prevedere, pianificare. Le vedi sorridere piene di cicatrici, di cose inconfessabili, o confessabili, ma assenti di parola per troppo dolore. Ma le parole non sempre servono. Serve una spolverata all’anima, ingrigita dalle banalità del susseguirsi dei giorni, serve sorridere anche pensando che certe stagioni possono tornare a rifiorire anche se con colori più tenui.
Come testimoni e compagni di viaggio, ognuna delle due sorregge e stringe sottobraccio l’altra, ne salva le speranze e i desideri, a volte li ripone e li conserva integri, in attesa di tempi migliori.
Quel piccolo viaggio fatto di confidenze volge alla fine. Ad occhio inesperto appare come una semplice passeggiata tra donne. Ma in quel camminare, si è parlato, condannato, assolto. Sono scesi passeggeri che non rifaranno più il viaggio insieme, sono rimaste persone che potranno scendere al prossimo scalo o provare ad arrivare a destinazione.
Non c’è mai solo un saluto, c’è voglia di non spezzare fili, di non lasciare frasi incompiute, ci sarà spazio anche per le incomprensioni ma sono quelle che mettono alla prova una amicizia, un viaggio, uno scorrere di tempo insieme.
Per quanto non importa, importa che le parole non siano inutili e che magari, ogni tanto, anche la più profonda malinconia, odori di essenze gradevoli. Quelle di viaggi lontani, forse fatti di fantasie, ma sicuramente solide come un’amicizia in un giorno che non è più grigio, mentre altri passeggeri osservano, salgono, scendono, resistono, fino al prossimo scalo.
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