L’ANTIPAPELLO
L’Anonimo è tornato a volteggiare sopra il palazzo di giustizia di Palermo. Un documento apocrifo di ben 12 pagine è stato recapitato, mesi addietro, al dott. Nino Di Matteo, magistrato impegnato nella tormentata inchiesta sull’incredibile trattativa fra Stato e mafia.
Un vero e proprio dossier, un “antipapello”, se così lo possiamo definire, contenente verità indigeste, brandelli inediti di verità provenienti dall’interno di quel mondo che, per quanto composito e multiforme, dovrebbe garantire l’unità e l’interesse dello Stato nella lotta contro tutti i poteri criminali e non, come si teme, con essi dialogare, trattare e, forse, anche accordarsi.
Dopo che, nei giorni scorsi, alcuni brani sono stati divulgati da “La Repubblica”, si è aperta la caccia al nuovo anonimo che parrebbe abbastanza informato sui gravissimi fatti denunciati e, forse, anche personalmente coinvolto nel loro svolgimento.
Oltre non ci addentriamo per ignoranza dei dati di fatto ed anche per rispetto dell’azione dei magistrati e degli altri organi inquirenti cui compete il compito di accertare l’autenticità e l’attendibilità del documento e di continuare a ricercare la verità, vera ed intera, in ordine alla inquietante vicenda.
Nell’attesa, semmai si potrebbe avviare una riflessione politica ed anche sociologica sul “contesto” nel quale sono maturati i fatti, rilevandone le conseguenze, le percezioni prodotte nell’immaginario collettivo siciliano e non solo.
Partendo da una domanda: alla gente interessa, e quanto, la “verità” anonima, per altro da tempo intravista e interiorizzata, o conoscere questa e altre queste figure che, di tanto in tanto, e con una tempistica davvero sorprendente, appaiono e scompaiano nel cielo di Palermo?
Soprattutto, interessa capire perché, in questo come in tanti altri casi, si ricorre all’anonimato invece che alla formale denuncia agli organi preposti.
ANONIMO E’ BELLO PERCHE’…CONVIENE
Siamo di fronte a un comportamento anomalo, talmente diffuso da assumere i connotati e le dimensioni di un fenomeno di costume.
Preciso che, per quanto la Sicilia sia considerata terrà d’omertà, non si può, (dati alla mano) attribuire ai siciliani l’esclusivo appannaggio dell’anonimato.
Esso, infatti, costituisce una tendenza generale nel Paese e caratterizza, in una certa misura, i sistemi di relazione di varia natura: dai rapporti personali ai social network, dai gruppi economici e finanziari a certo associazionismo dominante ed elitario, alle consorterie criminali, ecc.
Come dire: anonimo è bello e…conveniente.
In uno Stato debole, poco efficiente- com’è il nostro- talvolta, l’anonimato si rende necessario per evitare le rappresaglie dei (pre) potenti impuniti e/o immunizzati.
In certi casi ,dunque, può essere interpretato, vissuto come una forma di resistenza contro i “poteri forti” (che esistono ed agiscono!), come un segno di vitalità contro la morte civile di un popolo allo sbando.
Insomma, un crogiuolo di connivenze interessate, ambiguità, falsità, invidie, ma anche di verità inespresse, bisogni insoddisfatti di giustizia. L’anonimato è tutto questo ed altro. Il problema è capire perché vi si ricorra, anche da parte delle nuove generazioni.
Basta scorrere la massa di commenti anonimi o pseudonimi che dilagano sul web. Molti l’accettano, addirittura lo difendono, come principale strumento espressivo di libertà e di partecipazione democratica, anche quando è offensivo, vacuo, meramente vendicativo.
Evidentemente, si difende l’anonimato quando si pensa di non avere altri strumenti (leciti, normali) per affermare la verità senza incorrere nelle rappresaglie di chi la teme.
In realtà, tale tendenza è una spia preoccupante di una grave regressione sociale e morale, dello stato critico della democrazia partecipativa, libera ed egualitaria, che per rimanere tale -come vuole la Costituzione- deve essere trasparente, responsabile e possibilmente organizzata.
Poiché, più cresce l’anonimato più s’indeboliscono la democrazia, la libertà dei popoli, lo Stato di diritto e i principi d’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
DUE ESEMPI CONTRAPPOSTI D’ILLUSTRE ANONIMATO
Il primo, senz’altro positivo, è quello dell’Anonymus proposto nella foto, poiché dovrebbe trattarsi di un dotto cronachista il quale, per estrema, esagerata umiltà, scrisse delle gesta del re magiaro Bela, vissuto nel XIII secolo, senza nemmeno attribuirsene la legittima paternità letteraria, come ricompensa morale.
Il secondo, senz’altro negativo è quello di “Anonymous” ossia un film indegno del regista Roland Emmerich, il quale è ricorso ad un anonimo eccellente per allontanare i sospetti sulla effettiva nazionalità inglese di William Skakespeare. Il regista, infatti, compie un’operazione più che dubbia, vertiginosa, pruriginosa perfino, ridicolizzando, distruggendo, moralmente e culturalmente, la figura del grande Autore, così come l’hanno conosciuta e apprezzata i contemporanei e le generazioni successive, in Gran Bretagna e nel mondo intero, per attribuire l’Opera sua, intrisa di storia italiana e di cultura greco-romana, ad un nobile d’alto rango, addirittura amante della regina d’Inghilterra.
L’EPICENTRO E’ A PALERMO, MA TREMANO A ROMA
Concludo con alcuni, altri interrogativi sul caso dell’anonimo siciliano che ha come epicentro Palermo anche se sta facendo tremare i palazzi di Roma capitale.
E’ uno o più di uno? A mio parere, se fossero più d’uno rischierebbero, in partenza, di vanificare la segretezza ossia la potenza intrinseca dell’anonimato che, per restare tale, non può essere con altri condiviso.
Chi è, dunque, costui? Un vile depistatore che agisce nel buio per non pagare pegno? Un “corvo”che si nutre delle altrui reticenze, di carogne mediatiche? Un infiltrato o un messaggero, vindice, di verità inconfessate? Vedremo.
In questo senso, appare opportuna la dichiarazione del procuratore capo di Caltanissetta, dott. Sergio Lari: “Un esposto anonimo ha un valore giuridico pari a zero, tuttavia apre possibili scenari che saranno oggetto di approfondimenti investigativi”.
Il riferimento allo zero mi ha ricordato una bizzarra sottrazione anonima (4-2=0) tracciata, nottetempo, sulla parete esterna dell’abitazione del capomafia don Saru Nasca per fargli intendere il senso, vero e terribile, dell’omicidio del suo secondo figlio.
Non allarmatevi. Non è un secondo caso di anonimia, ma solo una mia fantasia narrativa incentrata sul concetto di “aritmetica mafiosa”, a partire da un’antica controversia, a proposito del valore dello zero, fra indiani e persiani.
“ Propendeva per le posizioni degli antichi filosofi indiani, per i quali questo segno significava assenza di valori, semplicemente il nulla; mentre non lo convinceva la teoria del persiano Khovaresmi: “Lo zero contiene un grande valore sacro; esso simbolizza ciò che non ha inizio né fine…Lo zero non si accresce né si riduce…tuttavia possiede il potere di moltiplicare tutti i numeri… esso crea tutte le cose a partire dal nulla, le domina, le governa…”
Agostino Spataro
Roma, 7 gennaio 2013