Parlare di mafia in Sicilia può costar caro. E non perché c’è il rischio di veder comparire all’improvviso un paio di “picciotti” armati di lupara. O quantomeno, non solo per quello. La lupara infatti fa rumore e attira attenzioni indesiderate. Il rischio che più comunemente si corre, è quello di dover frequentare le aule di un tribunale a seguito di sopraggiunta querela. Eh sì, poco importa che tu scriva la verità, quel che conta è che ciò che tu hai scritto sia lesivo della mia onorabilità. Sulla “onorabilità” è preferibile non far battute pena la solita querela di parte per diffamazione…
Ma se questa è ormai la norma, c’è a chi va il merito di aver ottenuto quello che vogliamo sperare sia un primato unico nel suo genere: l’essere querelato da un’Amministrazione comunale.
Ad essere querelato dall’Amministrazione comunale di Falcone (Messina), il giornalista Antonio Mazzeo, reo di essere stato l’autore di un’inchiesta giornalistica sull’infiltrazione mafiosa nel territorio falconese, pubblicata sul periodico “I Siciliani/giovani”, diretto da Riccardo Orioles.
Un’inchiesta che l’Amministrazione comunale non ha gradito, ritenendola diffamatoria e lesiva dell’immagine del Comune e degli abitanti di Falcone.
Con delibera del 24 agosto, gli Amministratori comunali hanno deciso dunque di dar mandato ad un legale, affinchè venga lavata l’onta che ha leso il buon nome del Paese e degli amministratori. Inutile precisare come ovviamente tale operazione di restyling sarà a carico di tutti i cittadini falconesi, compreso quelli che nulla avrebbero avuto da ridire in merito a quanto riportato nel servizio giornalistico.
Se a denunciare Mazzeo, free-lance impegnato sul fronte antimafia, fossero stati i soggetti puntualmente nominati nell’inchiesta, nulla quaestio, sappiamo già come vanno le cose e se alla lupara si può sostituire la carta bollata, è meglio per tutti… Ma che si tratti dell’Amministrazione comunale di un paese con meno di 3.000 abitanti (del quale Mazzeo scrive “poteva essere una delle perle turistiche, ambientali e paesaggistiche della Sicilia. Il territorio, però, è irrimediabilmente deturpato da orribili complessi abitativi, alverari-dormitori per i sempre più pochi turisti dei mesi estivi”) a proporre querela, dovrebbe far riflettere.
C’è da chiedersi infatti se ad infangare la “onorabilità” degli amministratori e dei falconesi, sia stata la mafia che – come Mazzeo scrive – trasformò in una colonia il paese; gli affari, con le megadiscariche, i lavori autostradali e ferroviari; l’ospitalità accordata nelle ville di Falcone a latitanti, tra i quali killers spietati come Gerlando Alberti jr, condannato per aver ucciso la diciassettenne Graziella Campagna, testimone scomoda ed inconsapevole di affari mafiosi; una classe politica le cui parentele con boss e l’appartenenza a logge massoniche appare inquietante; o il fango sta tutto nell’aver messo nero su bianco la storia di una guerra di mafia, i risvolti e i torbidi affari.
Ad Antonio Mazzeo e al giornale diretto da Riccardo Orioles, va la solidarietà de “La Valle dei Templi”. Agli amministratori del Comune di Falcone e a quanti ritengono non si debba mai parlar di mafia, una domanda: avete mai pensato di chiedere i danni ai familiari dei tanti giudici come Falcone (forse sarebbe il caso di cambiar nome al Comune…), Borsellino, Livatino e altri, o dei tanti servitori dello Stato, da Dalla Chiesa a Cassarà, che la parola mafia e i nomi dei mafiosi li scrissero sulle pagine delle inchieste giudiziarie, pagando con la vita il loro coraggio?
Gian J. Morici