Dove sono i soldi della mafia agrigentina? Chi detiene la cassaforte dei boss agrigentini? Sinora gli investigatori e la magistratura sono arrivati a scoprire quasi tutto e catturare tutti i latitanti. Ma di soldi ancora non si sa nulla. A Trapani è stato individuato e condannato il re della distribuzione alimentare Grigoli; nel catanese l’imprenditore Sciuto viene indicato come forziere dei boss etnei; anche a Palermo e Caltanissetta le indagini hanno svelato prestanome e individuato ingenti somme. E ad Agrigento e nella sua provincia? Si è fermi ad alcuni prestanome di Gerlandino Messina e la pista del calcestruzzo. O ai fatti degli anni 90 con l’Impresem di Salamone e Miccichè. Troppo poco.
E’ il tema, alquanto delicato, che affronta con scrupolo Grandangolo nell’edizione 27 in edicola domani. Il giornale si impegna, inoltre, alla luce delle ultime risultanze investigative culminate con il blitz “Nuova cupola” di due settimane fa, di analizzare minuziosamente le dinamiche economiche e i flussi di denaro di Cosa nostra agrigentina nel corso degli ultimi anni. Complessivamente altre due pagine sono dedicate ai temi di mafia a cominciare dalla la recente decisione della Chiesa agrigentina di non celebrare i funerali di un presunto boss di Siculiana; la condanna definitiva di Ignazio e Nicola Ribisi per mafia decisa dalla Suprema corte che ha rigettato i ricorsi avverso la sentenza di condanna. Poi alcune “chicche” ricavate tra le carte del blitz Nuova cupola. Ad esempio la pace forzata tra stiddari e mafiosi a Porto Empedocle per sfruttare al meglio il business del calcestruzzo oppure quella che riguarda Fabrizio Messina che avrebbe subito un tentativo di furto ad opera di due giovane di Villaseta anonimi e senza storia. Questi ultimi, ripresi da Messina, hanno provato a spaventarlo con la classica frase: “Tu non sai chi siamo noi”. Quando hanno saputo che stavano parlando con il fratello dell’ex boss latitante, Gerlandino Messina, hanno avuto qualche preoccupazione. Ed ancora: lo schiaffo che il boss di Casteltermini, Raffaele Faldetta ha dato agli emergenti nuovi capi di Cosa nostra, Francesco Ribisi e Giovanni Tarallo e per restare sempre a Casteltermini, l’arresto di Francesco Baiamonte, ritenuto affiliato alla locale famiglia e coinvolto nell’operazione “Kamarat. Della lunga telenovela giudiziaria fatta di sequestri di soldi ritenuti frutto di presunte tangenti, Grandangolo dà ampia notizia raccontando l’ultimo sequestro, per quasi 300 mila euro, subito dall’ex ingegnere capo al Comune di Lampedusa, Giuseppe Gabriele e dell’ex consulente, sempre a Lampedusa, Gioacchino Giancone. Non solo mafia o cronaca, nell’edizione di domani, ma anche sport, cultura con la presentazione di tre libri (ampio il servizio dedicato a Benny Calasanzio e Salvatore Borsellino ed al loro “Fino all’ultimo giorno della mia vita” dedicato a Paolo Borsellino). Diego Romeo si occupa da par suo di uno spettacolo teatrale messo in scena dal nipote di Leonardo Sciascia, Fabrizio Catalano, titolato da Romeo “Ultimo tango a Racalmuto”