Il recente scandalo scommesse ha consegnato due certezze. La prima è che i giocatori colpevoli sembrano di noi la stessa opinione che noi abbiamo della maggior parte di loro. Che siamo stupidi. Vogliono farci passare per buona la storiella che a fare tutto sono stati un paio di calciatori e una banda di improvvisati malavitosi. In grado di mettere in atto un giro di milioni, e quel che è peggio le procure che indagano a volte sembrano credergli. La seconda è che la decenza è inversamente proporzionale al conto in banca. Molti firmerebbero un mutuo sul proprio sangue per vivere con la metà dello stipendio di un calciatore di serie B. Qualcuno dei pedanti pedatori ha anche provato a giustificarsi dicendo che non aveva questo gran stipendio. Il minimo sindacale garantito a un professionista è di qualche centinaio di euro superiore a quello di un operaio vicino alla pensione. E di certo quest’ultimo non manomette i freni della Fiat che ha tra le mani perchè un’altra casa automobilistica gli promette una quota.
I tifosi di alcune squadre, tra cui dell’Atalanta del Brescia e del Monza hanno dimostrato di non essere così ingenui come si pensa. Almeno una trentina di loro, non appartenenti a frange organizzate hanno chiesto a un legale se era possibile una class action contro i calciatori. Poichè hanno modificato l’esito delle partite hanno truffato chi paga un regolare abbonamento, ergo devono risarcire. Questo è il ragionamento che se fosse convalidato in tribunale avrebbe un sapore di rivoluzione. Oltre al reato penale ci sarebbero effetti devastanti anche in sede civile. Anche perchè i calciatori si dimostrano pentiti e vanno in tv a chiedere scusa, ma nessuno di loro sembra abbia ancora restituito il maltolto. Basta fare di conto delle squadre coinvolte per capire che se la teoria viene convalidata molti giocatori avrebbero poco da ridere.
Il nostro paese è una palude del diritto, abbiamo una struttura legislativa poco dinamica, per cui un reato viene ideato rapidamente e la sua sanzione arriva anni dopo. Basti dire che la pedopornografia online era in atto da tempo, ma solo nel 2006 veniva prevista come reato penale.
L’unica fase creativa dove si assiste a una rinfrescata delle norme è in sede di Cassazione. Paradossale ma è così. Spesso gli “ermellini” interpretano e adeguano le leggi al tempo in cui si applicano.
Sarebbe bello ci regalassero la possibilità di rifarci con delle azioni legali sui patrimoni personali di chi ci ha preso in giro. Solo a pensarci viene l’acquolina. Al di là dei calciatori penso ai politici collusi, agli amministratori corrotti, ai dirigenti che hanno licenziato lavoratori dopo aver fatto fallire aziende rubando per primi, chi ha giocato con la salute o con la vita di inermi cittadini e via dicendo. Tutti a rispondere di tasca propria e con il proprio patrimonio. Il tutto dovrebbe svolgersi senza troppe lungaggini e un organo di supervisione formale del procedimento al massimo.
Magari dovendo mettere subito mano al portafoglio già dal primo grado di giudizio. Visto che il nostro ordinamento lo prevede
Utopia? Non so, bisogna toccare il punto più basso della vergogna per cominciare a risalire. Ormai la categoria della “bella gente coi soldi” credo sia arrivata a toccarlo.
Sperando non prevalga la scuola di pensiero che si può cominciare a scavare.
Tratto da: www.informarexresistere.fr
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