Sul numero di questa settimana, un interessante articolo di Alida Amico, in merito alla prevista chiusura di alcune sezioni della DIA.
“La DIA – scrive Alida Amico -, acronimo di Direzione investigativa antimafia, è un gruppo interforze, costituito da investigatori appartenenti a Polizia, Carabinieri e Gdf. Che svolgono attività investigative preventive e giudiziarie, nella lotta a Cosa Nostra. Alla Dia è anche attribuita la funzione – come prevede la legge n. 410 del 1991 – di orientare tempestivamente le investigazioni giudiziarie per contrastare più efficacemente la criminalità mafiosa, ed aggredire i patrimoni anche mediante la cooperazione internazionale…
Un organo giudiziario, costituito da magistrati nell’ambito delle Procure della Repubblica. Dia e Dda, sono entrambe nate, dall’intuito di Giovanni Falcone, per combattere agevolmente, in maniera coordinata, Cosa Nostra. Ad ogni Finanziaria, il governo nazionale, ha sempre decurtato i fondi alla Dia, nonostante la guerra alle mafie sia considerata – a parole – una “priorità”…”
Una priorità farsa, visto come anche in quella che è stata definita la città più mafiosa d’Italia, il governo ha deciso di chiudere battenti e lasciare spazio alle cosche.
“Agrigento – Il tam tam, all’ombra dei Templi va avanti da giorni. E non trova ancora smentite. Tra non molto, la sezione agrigentina della Dia, la Direzione investigativa antimafia guidata dal capitano dei Carabinieri Antonino Caldarella, potrebbe chiudere i battenti. I “tagli” del governo Berlusconi, previsti nel “decreto di stabilità”, non risparmiano dalla “mannaia” neanche gli uffici investigativi giudiziari, da anni in “prima linea” nella lotta a Cosa Nostra… Il decreto, se non verrà cambiato, prevede infatti la chiusura di ben 7 sedi della Dia. Di cui ben 3, si trovano in Sicilia: oltre la sezione operativa di Agrigento, a breve verrebbe smantellata anche quella di Trapani e Messina…
Lo stanziamento per mantenere le 20 sedi della Dia in Italia – che nel 2001 ammontava a quota 28 milioni di euro – nel 2010 era stato già ridotto a 15 milioni. Confische a Cosa Nostra. La normativa adesso pronta per l’approvazione, prevede una ulteriore decurtazione di altri 7 milioni ad una struttura (fortemente voluta nel 1992 da Giovanni Falcone), che negli ultimi 2 anni ha sequestrato ai mafiosi 7 miliardi e 700 milioni di euro. Confiscando beni, per 1 miliardo e 200 milioni. Intanto, nella provincia “più mafiosa d’Italia” – triste record, assegnato ad Agrigento in una delle ultime relazioni predisposte dagli stessi investigatori della Dia nazionale – rischiano di saltare delicate indagini investigative in corso. Ed i monitoraggi sulle attività della Piovra con i suoi tentacoli nell’economia agrigentina…”.
Solo negli ultimi 5 anni, gli investigatori della sezione Dia di Agrigento, hanno sequestrato ai boss di Cosa Nostra, beni patrimoniali per il valore di 130 milioni di euro.
Numerosi gli arresti, come quelli di “uomini d’onore” che gestivano supermercati alimentari (come la catena di negozi “Despar” intestati al trapanese Grigoli), oppure lo stoccaggio di oli (con il sequestro di beni, per 2 milioni di euro, ai fratelli Agrò di Racalmuto).
C’è poi il business delle discariche e quello del movimento terra e del cemento armato. Senza considerare il fatto che alcuni dei più sanguinari killer di Cosa Nostra, sono originari di queste parti, e che il territorio agrigentino è stato anche rifugio di grandi latitanti.
Non mancano neppure i collegamenti internazionali, come quelli che legano la mafia agrigentina a quella americana e canadese.
E proprio nel momento in cui la mafia agrigentina sta rialzando la testa e ricostituendo sodalizi ed antiche alleanze, e con lo “spettro terribile” di una nuova guerra di mafia, chiude la Dia.
“La chiusura della sezione della Dia di Agrigento, sarebbe una decisione deleteria per la credibilità dello Stato nella lotta contro la mafia” è insorta per prima Maria Grazia Brandara (Udc), ex sindaco di Naro, nonché presidente del Consorzio agrigentino legalità e sviluppo per la gestione dei beni confiscati. “Un grande regalo alla criminalità organizzata…
Insorgono anche i sindacati dei poliziotti. Per il segretario provinciale del Sap, Ferdinando Cavallaro, è “raccapricciante” l’ipotesi della chiusura della Dia agrigentina. “C’è solo il disegno unico di tagli indiscriminati – denuncia Cavallaro – visto che le spese per la sezione Dia, tra stipendi e canone di affitto, non arriveranno neanche a quota 100 mila euro l’anno…
Una “revisione dei tagli alla sicurezza” reclama anche il parlamentare del Pdl Enzo Fontana. Mentre il deputato regionale Michele Cimino del Fds, ha presentato una mozione all’Ars…”.
Dalla città più mafiosa d’Italia, questo è tutto. Il resto, potete leggerlo su Centonove di questa settimana, già in edicola…
gjm