All’esito del voto delle amministrative in provincia di Agrigento, l’Avv. Lillo Massimiliano Musso, per tre anni segretario IDV a Ravanusa e dirigente provinciale del partito di Di Pietro, chiede l’azzeramento del vertice provinciale dell’Italia dei Valori dopo la clamorosa debacle in Sicilia ed in particolare a Canicattì e a Porto Empedocle.
Massimiliano Musso, che già un anno e mezzo fa pose la questione morale nel partito puntando il dito sui tanti Scilipoti, sul dispotismo di Leoluca Orlando, sulle gravi contraddizioni di Ignazio Messina e sulla fallimentare gestione commissariale di Fabio Giambrone, dopo l’exploit al congresso regionale siciliano, a fine marzo 2011 è stato espulso dal partito per “dichiarazioni oltremodo polemiche”. Proprio in questi giorni, il Collegio Nazionale di Garanzia di Italia dei Valori ha riaperto il fascicolo del provvedimento disciplinare voluto da Giambrone e adottato dal Collegio Regionale di Garanzia e pertanto Musso, in attesa del giudizio di appello, rimane formalmente membro della dirigenza agrigentina del partito e segretario IDV a Ravanusa. In tale veste, appresi i risultati definitivi delle amministrative siciliane, in conferenza stampa ha dichiarato:
“A Porto Empedocle l’elezione di Firetto con oltre il 93% dei consensi e quasi il 99% dei voti alle liste collegate, ha svelato la pochezza della classe dirigente provinciale e regionale e conferma la gestione fallimentare di un partito ambizioso di un ruolo centrale nel governo nazionale ed al contempo incapace di organizzarsi sui territori e di presentare propri candidati su piazze importanti come quelle di Favara e Canicattì. A Porto Empedocle il candidato sindaco di IDV non è andato oltre il 7% e la lista collegata ha impattato su un umiliante 1,46 percento. Si è lavorato male nella provincia agrigentina e i risultati mi danno ragione. Non solo non si è fatto nulla per la costruzione di un consenso e di una classe dirigente all’altezza delle singole sfide politiche sui territori, ma si è proprio impedito che ciò accadesse. Quella che per alcuni è colpa grave, ai livelli regionali e nazionali è ormai conclamata come vero e proprio dolo. Mi riferisco in particolare a Ignazio Messina che ha blindato la sua rielezione facendo letteralmente terra bruciata. Lo dimostra il mio caso a Ravanusa, quello di Salvatore Nicolosi a Licata, di Enzo Buscemi a Menfi, di Pino Malluzzo a Naro e di tanti altri a cui è stato impedito di lavorare seriamente in progetti di amministrazione delle singole realtà locali. E se oggi a Porto Empedocle Italia dei Valori registra la peggiore performance d’Italia, nonostante l’indicazione di ben tre parlamentari quali possibili assessori e la “discesa in campo” di Antonio Di Pietro in persona, che ha avuto modo di affermare che Porto Empedocle sarebbe stata addirittura la seconda Napoli, ciò è la conseguenza di una questione morale ancora aperta, per la quale baronetti senza idee si sono impadroniti di un marchio per fare il proprio tornaconto. Mi spiace per l’amico Nello Hamel, ma la mia linea politica, che è in nettissima maggioranza tra gli elettori, avrebbe portato a ben altri risultati (vedasi il meraviglioso successo di Napoli). Finora i piani alti mi avevano detto che comandano i numeri. Appunto. Se i numeri comandano, il coordinamento provinciale agrigentino si dimetta con dignità, poiché è evidente che siamo usciti dal campo delle opinioni ed entrati nella dinamica della causa/effetto. Se poi allarghiamo lo sguardo su base regionale, ci rendiamo conto che il disastro è totale. Il partito non è stato in grado di presentare liste nelle province di Trapani, Messina, Catania e Caltanissetta, raccogliendo risultati “oltremodo sconfortanti” in quei pochi comuni in cui si è presentato in combine con SEL e FdS. Allora, l’invito a dignitose dimissioni deve estendersi alla dirigenza regionale, anche se ormai è chiaro che a breve sorgerà, sull’onda lunga della storica ed esaltante affermazione politica e di stile di De Magistris, un nuovo soggetto politico che spazzerà via definitivamente l’esperienza baronale ed autoreferenziale del dispotico Leoluca Orlando, reo di essersi circondato di supini mestieranti e di avere posto ai margini coloro che ogni giorno, sul territorio e con grandi sacrifici, rappresentano un’idea di valore della politica, la tutela delle fasce popolari più disagiate, il contrasto alla corruzione e alle infiltrazioni malivitose nell’economia e nelle istituzioni, i migliori progetti di sviluppo economico giusto e sostenibile”.