Il primo faccia a faccia tra Gerlandino Messina e i giudici che l’hanno interrogato nel corso dell’udienza di convalida dell’arresto, dopo undici anni di latitanza, è andato come doveva andare. Messina si è avvalso della facoltà di non rispondere dopo aver declinato le generalità ed essersi scordato il numero civico della sua residenza ufficiale. Jeans, camicia a righe, sorriso di circostanza, attento e ossequioso verso tutti. E’ finita così la sua prima volta davanti ai giudici dopo la cattura. Non sembrava nemmeno il capo di Cosa nostra agrigentina. Formalmente ineccepibile nell’interrogatorio e nel colloquio con il difensore, l’avvocato Salvatore Pennica, consapevole di ciò che lo aspetta e anche del 41 bis. Messina nega di essere stato capo e vicecapo di Cosa nostra. Ed è convinto di essere stato tradito da qualcuno. “Qualcuno si è voluto passare il piacere”, afferma in un siciliano stretto. Già, qualcuno. Ma chi? Gerlandino è convinto di ciò. E starà meditando in attesa di finire in un supercarcere di quelli che ti fanno perdere la speranza. Situazione particolare quella del boss empedoclino, che leggeva giornali e periodici, ha letto “Da Falsone a Messina, strade senza ritorno” e che nega di aver letto e posseduto il libro su Totò Riina (“Era lì, non era mio”). Proprio quando, quattro mesi dopo la cattura di Giuseppe Falsone, avrebbe potuto prendere veramente le redini di Cosa nostra in provincia, si è trovato i “ragni” del Gis, carabinieri addestrati per interventi speciali, dentro la casa di via Stati Uniti, che avevano aperto come una scatoletta di tonno, a colpi di flex, l’ultimo covo del boss, accecandolo temporaneamente con speciali bombe, e dopo bendato ed ammanettato. Si è complimentato con i carabinieri per averlo trattato bene e che gli hanno fatto vedere moglie, figlio e mamma. Anzi, li aveva pure visti mentre stava per essere catturato notando l’accerchiamento. “Che dovevo fare? Ho atteso ed è finita in un attimo”. Gerlandino catturato prim’ancora di divenire veramente capo. Puzza troppo – a lui – questa storia – ed ecco il suo retropensiero: “Mi hanno venduto”, “qualcunu si passà u piaciri”. Fine della storia? Quella mafiosa, per Gerlandino Messina, è finita sicuramente dentro un supercarcere. Le indagini in corso accerteranno altre cose. Intanto i pizzini trovati. Quattro, in tutto, scritti con una macchina da scrivere, stile Bernardo Provenzano. Due erano destinati ai familiari ed alla moglie. Parole d’amore e di conforto. Uno conteneva l’indicazione di ditte teoricamente interessate a lavori da iniziare nell’agrigentino. Messina nega che il destinatario fosse Matteo Messina Denaro. Forse, si tratta di indicazioni per i suoi compari liberi per mettere a posto le ditte. Il pizzo, in una sola parola. Il quarto pizzino, questo trovato nella tasca dei jeans, è il più compromettente. Era in uscita ed indirizzato con tanto di nome e cognome di un imprenditore. E per questo biglietto l’ex boss conserva più di una preoccupazione. Staremo a vedere. Precisa: “Mai usato schede telefoniche, niente internet” e nega di portare occhiali, sostenendo di avere ottima vista. Non una sola parola sugli ultimi dieci anni anche se ha detto che ha amato la solitudine e l’ha vissuta. Lo hanno trovato con 17 banconote da 50 euro, usava il computer per vedere i film contenuti nelle pen-drive. Mai usato cellulari. Non sembrava l’uomo dal carattere irascibile e cocainomane descritto da Di Gati. Poi, dentro il covo, una miriade di immagini sacre, messaggi di amore della moglie, un profumo, cd e dvd dei familiari uno di questi ritrae il fratello Salvatore detenuto da anni in un carcere supersicuro e le nozze recenti dell’altro fratello libero, Fabrizio.Adesso viene il bello. Se Messina è stato davvero “venduto” si scoprirà molto presto e si capirà anche chi adesso in provincia di Agrigento ha pensato bene di disfarsene e togliersi dai piedi un pericoloso concorrente. Non bisogna andare molto lontano. Ribera e la Valle del Belice sono lontani e Matteo Messina Denaro le sue scelte le ha già fatte. La mafia di Agrigento, probabilmente, ha già il nuovo capo.Su Grandangolo 44 in edicola domani la cattura di Gerlandino Messina viene descritta in una intera pagina ricca di indiscrezioni e notizie inedite. Un’altra pagina intera viene dedicata allo scandalo in municipio ad Agrigento scatenato dal caso Tetris e dal mancato arresto del dirigente del settore della solidarietà sociale, un funzionario del Comune e dell’amministratore dell’Associazione Tetris beneficiaria, secondo l’accusa, di un appalto “cucito sulla pelle”.
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