Con queste parole l’ex procuratore di Seattle, Jeff Sullivan, ha commentato la notizia della morte del 93enne Frank Colacurcio.
Colacurcio era stato incriminato lo scorso anno insieme al figlio Frank Jr. e altri collaboratori, per avere gestito all’interno dei suoi strip club, un vasto giro di prostituzione, evadendo il fisco.
Figlio di un agricoltore, aveva fatto fortuna negli anni ‘50, installando juke-box e distributori automatici di sigarette.
Riuscì poi a costruire un vero impero economico grazie ai suoi strip club presenti in ben 10 Stati d’America.
La sua morte, rappresenta un po’ una beffa per gli investigatori dell’FBI, che da decenni tentavano d’incastrarlo perché sospettato di essere coinvolto in diversi omicidi.
Nel 1984, l’FBI ha ospitato una conferenza di due giorni su di lui, alla quale hanno preso parte ricercatori di ben 12 Stati.
Indicato come camorrista in audizioni dinanzi a una commissione del Senato degli Stati Uniti, nel 1957, era sempre uscito indenne dalle accuse.
Infatti, nonostante le voci insistenti che volevano Colacurcio colluso con la mafia, le forze dell’ordine non sono mai state in grado di provare le accuse.
Un necrologio di Colacurcio sul giornale The Seattle Times, ricorda un rapporto degli investigatori dello Stato di Washington, nel quale si sosteneva che Colacurcio fosse andato a Yakima per incontrarsi con Salvatore Bonanno, figlio del boss mafioso Giuseppe “Joe Bananas” Bonanno.
Secondo il quotidiano The Times, Colacurcio avrebbe detto ad un giornalista che lui e la sua famiglia erano andati a Yakima a raccogliere peperoncino, affermando: “ma non ho nessuna passione per le banane”.
I giornalisti che hanno indagato per decenni su Colacurcio hanno detto che, nonostante la sua notorietà, non era un uomo appariscente.
Indossava camicie da golf e viveva in una modesta casa a Lake Forest Park, a nord del lago di Washington. Unica indulgenza che si consentiva, una barca da pesca di 10 metri.
Nel 2003, un tentativo di ampliare un parcheggio al suo più grande strip club era fallito a causa di uno scandalo, che coinvolse due membri del Consiglio di Seattle City.
Come per Al Capone, i federali, non avendo potuto provare il concorso in diversi omicidi e il suo spessore mafioso, erano quasi pronti ad incastrarlo per evasione fiscale.
La sua morte, alla veneranda età di 93 anni, lo ha sottratto all’unica accusa che avrebbe potuto portarlo dietro le sbarre.
Gian J. Morici