Vasta operazione coordinata dalla squadra mobile di Palermo e diretta dal pm Roberto Scarpinato, che ha portato alle 19 ordinanze di custodia cautelare in carcere.
Le ipotesi di reato, sarebbero associazione mafiosa, estorsione, riciclaggio.
L’inchiesta, condotta avvalendosi delle intercettazioni ambientali, ha messo in luce i meccanismi con i quali Cosa Nostra gestiva i grandi appalti di opere pubbliche e private.
A finire in manette, anche professionisti che operavano nel campo delle progettazioni.
Sequestrati inoltre patrimoni e imprese per centinaia di milioni di euro.
L’organizzazione mafiosa, si interessava dalla fase di acquisto dei terreni alla gestione delle cave, per arrivare alla fase di smaltimento dei materiali nelle discariche.
Tra le attività finite sotto la lente degli inquirenti, anche l’affaire termovalorizzatori.
A capo delle operazioni di controllo della gestione dei grandi appalti, personaggi di primo piano come Salvatore Lo Piccolo, Antonino Rotolo, Antonino Rotolo, Antonino Cinà, già arrestati in precedenza.
Già nei mesi scorsi Raffaele Lombardo aveva denunciato, attraverso i media, che dietro ai termovalorizzatori c’erano anche interessi da parte della mafia.
Della vicenda dei termovalorizzatori siciliani, avevamo già scritto più volte e non ci meraviglia dunque che la Procura di Palermo, a seguito delle indagini scaturite dalla presentazione di un dossier da parte dell’assessore regionale all’Energia, Pier Carmelo Russo, possa aver ipotizzato che si sia avvantaggiata Cosa Nostra in danno della pubblica amministrazione.
L’inchiesta infatti riguarda la realizzazione dei termovalorizzatori di Palermo, Paternò, Augusta e Casteltermini, i cui bandi, furono firmati dall’allora commissario straordinario Salvatore Cuffaro e dal suo vice, Felice Crosta.
L’ex governatore è stato infatti già condannato ed è sotto processo per mafia. E adesso i magistrati stanno valutando se proporre al tribunale una misura di prevenzione patrimoniale.
Gli stessi bandi, furono oggetto di un pronunciamento da parte della Corte di Giustizia europea, che condannò la Repubblica Italiana.
La Corte di Giustizia europea, annullò inoltre il bando perchè non erano state rispettate le procedure di evidenza pubblica, mentre le successive gare andarono deserte.
L’ipotesi dell’interesse di Cosa Nostra per i termovalorizzatori siciliani, viene avvalorata da quanto contenuto nel dossier presentato dall’assessore Russo alla Procura.
Pare infatti, che una delle imprese inserite nelle due Ati, non sia in regola con la certificazione antimafia.
Ma già nel dicembre del 2007, erano emersi particolari inquietanti sull’interesse della mafia verso i termovalorizzatori.
Infatti, Giorgio Colaianni, dirigente del Commissariato per l’emergenza rifiuti, nel corso della sua testimonianza resa a Palermo durante il processo al presidente della Regione, al pubblico ministero che chiese quando gli uffici avessero saputo che Aragona era stata individuata come sito per un termovalorizzatore, rispose “Solo dopo l’esito della ti, secondo il quale se ne sarebbe parlato prima delle regionali del 2001”
A lui lo aveva detto il boss di Sambuca di Sicilia, Leo Sutera.
La mafia dunque sapeva con largo anticipo quali fossero i progetti in materia di energia e rifiuti, a tal punto, che almeno nel caso agrigentino, conosceva persino il luogo dove si sarebbe realizzato l’impianto ancor prima che venisse pubblicato il bando di gara.
Non meno interessanti le modalità che portarono all’individuazione ed all’assegnazione dell’area: una richiesta dell’Enel giunta alla sede dell’Asi il 19 luglio del 2002, inviata via fax dall’allora sindaco di Porto Empedocle, Paolo Ferrara. Alle 7:54 del mattino.
Il comitato direttivo dell’Asi deliberò l’assegnazione del terreno nella stessa giornata. L’Enel si aggiudicherà poi la gara in cordata con altre società (Elettroambiente spa, all’epoca della richiesta di proprietà del gruppo Enel ma acquistata dalla Falck nel luglio 2007, Enel Produzione spa, Emit Ercole Marelli Impianti Tecnologici spa, A.m.i.a. spa, Catanzaro Costruzioni srl).
È di oggi la notizia stando alla quale la Dda di avrebbe disposto indagini patrimoniali nei confronti dell’ex presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, volte ad accertare una eventuale sproporzione tra il patrimonio dell’ex governatore e il reddito dichiarato e finalizzata alla richiesta di applicazione della misura patrimoniale di prevenzione del sequestro.