Taranto – Sono in mille ad essere scesi in piazza per parlare dell’Ilva e di tumori. Mille persone decise a difendere la propria città, la propria vita, quella dei propri figli. Quello che non ti saresti mai aspettato, è che a capeggiare la protesta sia un operario che lavora all’Ilva da 15 anni. Lui ti aspetti di trovarlo a protestare contro il sequestro dello stabilimento, non contro i veleni che per anni ha emesso quel posto dal quale dipende la sua sopravvivenza economica.
Ma nella vita di un uomo, ci sono momenti in cui la coscienza ed il coraggio prendono il sopravvento sulle miserie individuali e scatta la molla della ribellione. Come per Francesco Paolo Oreste, figlio anche lui di quel dolore profondo, che la gente del sud porta dentro come un grido che stenta a venir fuori dalle labbra, che lo ha portato da uomo dello Stato a lottare contro la discarica, tanto da essere definito “il poliziotto barricadero” che ha il coraggio di urlare: «I miei colleghi sono costretti a difendere le ingiustizie», anche Cataldo ha fatto la sua scelta.
Una scelta difficile. Contraria a quanto qualsiasi piccolo uomo legato soltanto alle sue necessità farebbe.
A raccontare la storia della protesta del 13 agosto e di Cataldo Ranieri, simbolo della stessa, l’inviato dell’Ansa Roberto Buonavoglia, con un articolo che vi riproponiamo integralmente nella speranza che faccia riflettere quanti anche nel territorio agrigentino antepongono i propri problemi economici alla vita dei loro stessi figli:
“Non chiamatelo capopopolo, potrebbe offendersi. Ma il carisma di Cataldo Ranieri, operaio dell’Ilva di 42 anni, è tipico di chi le battaglie ha deciso di farle sul serio e non certo contro la magistratura ma per difendere dall’inquinamento industriale la sua città. Lui, addetto agli impianti marittimi del siderurgico tarantino, che – dice – da «tre anni sono sotto sequestro con facoltà d’uso»,
è in grado di parlare alla gente, di scandire quelle parole che la politica ha smesso da tempo di pronunciare.
È capace pure di emozionarsi. I cittadini lo sanno e lo seguono, come un capopopolo. Per questo oggi pomeriggio Ranieri e gli aderenti al ‘comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti, del quale
l’operaio è portavoce, sono riusciti a portare nella centralissima piazza della Vittoria circa mille persone. È vero, non si tratta di molta gente anche se mancano tre giorni a Ferragosto e la città è semi deserta, ma a Taranto tante persone per strada a parlare dell’Ilva e di tumori su invito di
un gruppo di comitati non si erano mai viste.
E poi è la piazza a mormorare che finalmente qualcosa si muove e che l’anello di congiunzione tra i vari comitati e associazioni è proprio questo ragazzone biondo che si consegna alla folla, alle telecamere e ai flash con ciabatte infradito, bermuda e t-shirt.Per spiegare subito di che pasta è fatto dice di essere «politicamente indipendente», di lavorare all’Ilva da 15 anni, di avere due figli maschi di 9 e 13 anni e aver un mutuo sulle spalle da 650 euro al mese che finirà di pagare tra 25 anni. Quindi, è uno che ha certamente bisogno di lavorare per vivere.
Ma dice di essere felice di «avere finalmente rotto le catene» per dire alla gente «che i politici hanno tradito i tarantini perchè non sono mai intervenuti per fermare l’Ilva che avvelena Taranto», e ai suoi colleghi «che non si può barattare un posto di lavoro con la salute dei nostri figli».
Ranieri è il primo a parlare alla folla, poi interverranno gli aderenti ad altri comitati. Ma quello che subito balza all’attenzione è la voglia dei tarantini di dire basta. Infatti, non si era mai vista una piazza acclamare a squarciagola come si fa allo stadio il nome di un giudice, il gip Patrizia Todisco, che ha deciso di sequestrare le aree a caldo dell’Ilva e che ha avuto il coraggio di ribadire che gli
impianti vanno fermati.
Al magistrato la folla ha riservato anche un applauso scrosciante. «Mentre fino a qualche mese fa – ha detto Ranieri – si invitava la magistratura a fare il proprio dovere sull’inquinamento provocato dall’Ilva, ora ci sono attacchi anche politici a un giudice che ha fatto solo il suo dovere». «La gente – sottolinea l’operaio – sa che la classe politica che finora ci ha rappresentato qui a Taranto ci ha tradito e non è mai intervenuta per fermare l’Ilva che avvelena la città».
Bacchettate non sono mancate al governo che ha deciso di inviare a Taranto il 17 agosto prossimo tre ministri. «Vengono – dice Ranieri, a cui fanno eco gli esponenti di altri comitati – per tutelare gli interessi dell’Ilva: noi, tre ministri, li avremmo voluti qui a Taranto per i bambini del rione Tamburi intubati in ospedale perchè ammalati di tumore».
Ed è stata proprio una storia di tumore che lo ha indotto a fondare il comitato. «Il 27 luglio – racconta emozionato – stavamo bloccando il ponte girevole per protestare contro il sequestro dell’Ilva; mi si è avvicinato un automobilista e mi ha detto: ‘Io devo passare, devo accompagnare mia moglie a fare la chemioterapia. Da quel giorno – sospira – la mia vita è cambiata». (ANSA).