È un bel dire che tanto le intercettazioni non verranno acquisite agli atti processuali, allora perché le avete fatte?
Questo è quello che si chiedono avvocati e giornalisti che in questi ultimi giorni hanno scoperto di essere stati intercettati senza che fossero coinvolti in alcun fatto illecito, senza essere indagati e neppure indiziati.
Volendo escludere – e non potremmo fare diversamente – il voyerismo giudiziario, non rimane altro che pensare a un abuso di strumenti di ricerca investigativi, che ha trasformato le metodologie d’indagine che tenevano conto degli obiettivi e dei diritti dei soggetti intercettati, in quella che ormai viene comunemente definita “intercettazione a strascico”.
Se la vicenda Palamara ci ha offerto uno spaccato esecrabile di come le intercettazioni possano raggiungere obiettivi diversi da quelli legittimi di assicurare alla giustizia chi viola le leggi (prova ne sia il “siluramento” di Marcello Viola nella corsa a procuratore di Roma, nonostante fosse vittima e non artefice di discutibili strategie) l’attività svolta dalla procura di Trapani nell’ambito dell’inchiesta sulle Ong che si occupano di immigrazione, apre ad altri inquietanti interrogativi.
È legittimo intercettare avvocati e giornalisti nello svolgimento della loro professione, violando i principi della nostra Costituzione?
Ne abbiamo parlato con l’avvocato Michele Calantropo:
Venerdì ho appreso dell’intercettazione della mia consulente in un processo penale e quando ho letto il suo nome mi sono permesso di mandarle un messaggio dicendo che ero mi dispiaciuto dell’accaduto, in quell’occasione ho appreso di essere coinvolto pure io. Questa cosa mi è stata confermata da un collega che assiste un indagato in quel procedimento e quindi sono venuto a conoscenza del progressivo e del contenuto della conversazione che era più che sommariamente riportata nell’informativa. un’informativa che, da quello che vedo, rispetto al capo d’imputazione non ha nulla a che vedere, e il contenuto della conversazione non ha alcun tipo di riferimento all’aspetto processuale specifico. Avendo, peraltro letto l’intervista rilasciata sulla Adnkronos dal procuratore Agnello, ho appreso che la consulente non era né indagata né indiziata. Allora mi chiedo le ragioni di quest’intercettazione. E soprattutto perché questa intercettazione viene depositata in un processo in cui ne io nè la Dottoressa Porsia siamo parti e che non ha nessuna rilevanza processuale rispetto gli interessati. Ho, dunque, una difficoltà duplice sia sotto il profilo pratico, sia sotto quello tecnico-giuridico. L’articolo 103 del codice di procedura penale vieta espressamente questo tipo di operazioni: eppure sono state fatte. A prescindere dal fatto che un’intercettazione si possa fare o meno, appena ci si accorge che la conversazione verte su vicende processuali, che non sono fatti costituenti reato, che non hanno attinenza con le ragioni per cui sono stare disposte, ma interviene tra un avvocato e un consulente che parlano di un processo che non c’entra niente rispetto quello per cui era stato attivato teoricamente perchè non è stata interrotta la registrazione? Invece, avviene di più: non solo viene sentita tutta la conversazione, ma viene riportata in un brogliaccio più che sommariamente, versata in un’informativa ed infine depositata insieme agli atti nella fase della conclusione delle indagini, insieme ai cd con le registrazioni delle conversazioni. Secondo quale norma ciò viene fatto? Abbiamo un articolo 6 e un articolo 8 della Cedu che lo vietano, un articolo 24 della Costituzione che lo vieta, un articolo 103 del codice di procedura penale che lo vieta.
È da vedere se e quali gli enti di rappresentanza decideranno di prendere posizione. Io penso che l’attenzione non vada posta soltanto da parte degli ordini locali ma anche dall’Unione delle Camere Penali, come del resto ha fatto la Camera Penale di Trapani che ha preso già una posizione chiara. Le associazioni forensi locali hanno preso già delle posizioni nette su questa vicenda ed oggi anche dei gruppi consiliari del Comune di Palermo.
A quanto pare l’indagine -io ne ho solo notizie stampa – sarebbe stata disposta dall’allora ministro degli Interni Minniti, poi, ripeto, non ne ho idea, poiché non essendo parte di quel processo so quello che mi è stato riferito.
Il fatto che la procura non utilizzerà le intercettazioni, non è un qualcosa per cui si debba ringraziare… è un fatto normativo. Cosa non utilizza, ciò che sa perfettamente che non è utilizzabile? Allora perché atti inutilizzabili sono stati depositati in un fascicolo di conclusione di indagini? Questa domanda non è la mia, è la domanda degli Avvocati.
Un durissimo schiaffo inferto dunque tanto al diritto alla difesa del quale deve poter godere ogni cittadino, quanto alla libertà di stampa.
Oggi, purtroppo, le intercettazioni spesso vengono trascritte e trasferite nel fascicolo del dibattimento senza che si tenga conto del loro contenuto e della legittimità dell’utilizzo.
Accade così che da elemento di spunto per indagini alla ricerca di riscontri, si trasformino in una prova tout court a disposizione del giudice che le leggerà prima di andare in dibattimento e aver raccolto anche le prove testimoniali, con il risultato che si sarà già fatto un’idea, magari sbagliata, di un fatto non provato, né sufficientemente indagato.
Senza considerare come un tale operato violi il sacro rispetto della vita delle persone, i diritti dei quali deve potere godere ogni cittadino, e le garanzie previste per legge anche per i professionisti che svolgono con correttezza il loro lavoro.
Continuare a sottovalutare o giustificare questo genere di abusi giudiziari rischia di porre la parola “fine” allo Stato di Diritto.
Quale certezza si può avere che informazioni di questo genere non vengano portate a conoscenza di magistrati, avvocati e testi che in altro procedimento potrebbero farne uso per smontare una tesi difensiva della quale conoscono già i particolari? Chi può garantire che un teste non sia a conoscenza di particolari emersi nel corso delle intercettazioni, sui quali costruire la propria testimonianza?
E se accadesse il contrario, ovvero che un pubblico ministero venisse spiato e si portasse a conoscenza di un indagato le attività d’indagine in corso e passo dopo passo gli sviluppi, quanti ritengono legittimo “spiare” un avvocato mentre parla con un assistito o un consulente di vicende processuali e strategie difensive, approverebbero un simile operato?
Se è pur vero quanto affermato dal procuratore di Trapani, ovvero che lui e le colleghe assegnatarie del fascicolo lo hanno ereditato soltanto nel 2019, mentre la giornalista Nancy Porsia è stata intercettata nella seconda metà del 2017, è altrettanto vero che le indagini si sono chiuse soltanto adesso.
Era dunque necessario depositare circa 300 pagine di trascrizioni di conversazioni di giornalisti e avvocati, nessuno indagato, non utilizzabili nel procedimento?
Maggiori chiarimenti si potranno avere a seguito dell’accertamento disposto dalla ministra della Giustizia Marta Cartabia.
Rimane un altro aspetto di non poco conto: Chi pagherà il costo di atti inutilizzabili?
La domanda può sembrare retorica, ma non è priva di fondamento, considerato che solo nell’anno 2019 sono stati spesi oltre 140milioni di euro soltanto per il noleggio di apparati.
Quanti soldi dei contribuenti vengono spesi per atti inutilizzabili?
Gian J. Morici