La multinazionale ArcelorMittal (affittuario dell’ex Ilva), il più grande stabilimento europeo specializzato nella produzione e trasformazione dell’acciaio, continua a lasciare veleni nell’atmosfera (perfino radioattivi), morte e disoccupazione, grazie ad accordi contrari alla Convenzione di Aarhus (un atto europeo sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale) ratificata dall’Italia con la legge 108/2001.
Il Passato
Nel 2012 la magistratura di Taranto aveva disposto il sequestro dell’acciaieria per gravi violazioni ambientali (Secondo i dati dell’Ines Inventario Nazionale delle Emissioni e loro Sorgenti il 92% della diossina fuoriusciva dall’Ilva) e l’arresto dei dirigenti per le morti e per violazioni ambientali. Secondo le indagini, infatti, erano aumentati a livello esponenziale i casi di patologie tumorali, leucemie, malattie della tiroide (si parla di migliaia di lavoratori) e mesotelioma, strettamente correlate all’amianto: un aumento vertiginoso senza distinzioni d’età.
Ad ammalarsi e morire anche coloro che lavavano le tute da lavoro ed i loro familiari che ne inalavano inconsapevolmente le fibre rimaste in forma residua sulle stesse.
Non solo: i fumi tossici e le fibre di amianto riversatr in tutta l’area rurale contigua alla fabbrica avevano fatto ammalare tantissime altre persone e animali.
L’ONA denuncia
Durante la conferenza tenutasi a Taranto il 9 Febbraio 2019, l’ONA aveva diffuso i dati epidemiologici relativi all’inquinamento e all’emergenza ambientale in Puglia.
Inquietante ciò che era emerso dal VI Rapporto ReNaM, per la Regione Puglia, secondo cui i mesoteliomi ufficialmente registrati sono stati 1.191, nel periodo tra il 1993 e il 2015, pari al 4,4% di quelli registrati nel Paese, il 67,2% dei casi causati da esposizione all’amianto di tipo professionale.
L’avvocato Ezio Bonanni, Presidente ONA (Osservatorio Nazionale Amianto) aveva affermato “Tenendo conto che statisticamente i tumori polmonari sono circa il doppio dei mesoteliomi e tenendo conto dell’incidenza di tutte le altre malattie asbesto correlate, l’Osservatorio Nazionale Amianto stima che in Puglia siano circa 5mila i morti causati o concausati dall’esposizione all’amianto nel periodo dal 1993 al 2015. Dunque, circa 220 l’anno, per le sole patologie asbesto correlate. Poi ci sono tutte le altre patologie causate dalla diossina e dagli altri inquinanti”.
“L’insorgenza del mesotelioma è solo la punta dell’iceberg: l’amianto infatti è in grado di determinare patologie fibrotiche, tra le quali l’asbestosi, le placche pleuriche, gli ispessimenti pleurici e complicazioni cardiovascolari e cardiocircolatorie e diverse patologie neoplastiche” aveva poi aggiunto.
Il Presidente ONA aveva poi concluso sottolineando “L’Ona ha ritenuto di rafforzare la sua presenza su un territorio che sta pagando un prezzo altissimo in termini di salute e inquinamento ambientale i morti per mesotelioma nella città di Taranto tra il 2006 e il 2011, sono la metà di quelli censiti nell’intera Puglia dal Registro regionale. Centoventuno morti solo di mesotelioma, di cui 99 uomini e 22 donne. Tenendo conto che l’Italia ha una popolazione di circa 60milioni di abitanti e che ogni anno vengono censiti 1.900 mesoteliomi, secondo i calcoli si dovrebbe rilevare un caso di mesotelioma ogni 31mila abitanti. A Taranto, quindi, che ha una popolazione di 200mila abitanti, si verificherebbero 6 casi di mesotelioma l’anno. Mentre i numeri drammatici censiti dall’ONA riportano fino a 25 casi di mesotelioma, un’incidenza superiore di quattro volte ai dati di attesa”.
La testimonianza
Tra i testimoni ONA, è interessante leggere le verità raccontate dall’avvocato Giovanni Gentile del Foro di Taranto, (ex lavoratore Ilva dal ’79 al ’97), riconosciuto esposto all’amianto dall’Inail di Taranto dipendente. “Rilasciavano nubi di fumo, tossiche, durante la notte”, aveva dichiarato l’avv. Gentile durante un’intervista.
La sua testimonianza sembrerebbe sollevare un problema di grande rilievo, ovvero Taranto è forse caratterizzata da una dipendenza cognitiva dalla grande industria e dallo stile di vita cucito attorno ad essa, tanto da ritenere quasi impossibile trovare una via economica alternativa all’Ilva o alle raffinerie?
La popolazione di Taranto si trova, dopo il provvedimento di sequestro degli impianti Ilva, di fronte ad un bivio: diritto al lavoro o diritto alla salute?
“All’inizio c’era una grande richiesta di manovalanza per cui coloro che lavoravano nelle campagne e avevano uno stipendio molto basso hanno accettato qualsiasi tipo di mansione e straordinario all’interno dello stabilimento perché la paga era alta rispetto alla media agricola e artigianale” aveva dichiarato Gentile.
“Grazie a questo tipo di lavoro, molte persone hanno potuto comprare casa e avere un tenore di vita più alto, hanno potuto iscrivere i propri figli nei licei e nelle università, per cui c’era un certo benessere.
Ne ha beneficiato in primo luogo la città di Taranto ma anche tutta la provincia perché i lavoratori, avendo un salario maggiore, potevano spendere, comprare mobili e avevano le ferie pagate, cosa che non succedeva per i lavori che svolgevano in precedenza.
Sono state assunte anche molte persone che venivano da altre città”.
Ovviamente l’amianto, che è un coibentante e protegge dal calore, quando venivano demoliti i mattoni dopo tante colate in appalto, rilasciavano una grandissima quantità di fibre di amianto nell’aria, ma nessuno era stato sottoposto ad esami clinici e diagnostici approfonditi- stando a quanto affermato da Gentile “Le visite aziendali erano convenzionate sia internamente che esternamente ma non erano approfondite, non hanno mai fatto esami del sangue né a me né ai miei colleghi”
Il passato recente
Il 20 Maggio 2019 a causa di un malfunzionamento, l’apertura di una valvola di sicurezza aveva sprigionato un denso fumo dall’Altoforno numero 4 dello visibile anche a chilometri di distanza.
Successivamente, il 13 Giugno 2019 un gruppo di genitori degli alunni delle scuole Deledda e De Carolis del rione Tamburi di Taranto, (chiuse dall’1 marzo scorso su ordinanza sindacale per la loro vicinanza alle collinette ecologiche dell’ex Ilva sotto sequestro per problemi di inquinamento), aveva occupato simbolicamente lo stabile, reclamando chiarezza all’amministrazione comunale dopo che l’Arpa Puglia aveva accertato un superamento delle Concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) nell’area delle collinette, in particolare valori di policloro-dibenzo-p-diossine e pc (polveri sottili) fino a 45 nanogrammi per chilo, quattro volte oltre il limite consentito di 10 ng.
Infine a Luglio, stando ai declami dell’Usb, lo stabilimento avrebbe continuato a non rispettare i criteri di selezione del personale al momento delle assunzioni, a non rispettare la numerica degli assunti, avrebbe mandato ulteriori 1400 lavoratori in cassa integrazione, non garantito i volumi produttivi sottoscritti nel piano industriale e non avrebbe investito per il rifacimento e la messa in sicurezza degli impianti.
Per tali motivi Usb, ne aveva chiesto la chiusura, confidando nella possibilità di costruire a Taranto un’alternativa occupazionale a garanzia di salari, reddito, nel rispetto del diritto alla salute e dell’ambiente.
Il futuro
Questo ad oggi il quadro della situazione a Taranto, situazione non gradita all’ONA che , nella persona dell’Avvocato Ezio Bonanni, continua a battersi per tutelare la salute dei lavoratori esposti.
La riconferma del Ministro Costa all’Ambiente lascia presagire orizzonti sereni. Ricordiamo infatti che a Marzo, il Ministro Costa ed il Presidente Ona Ezio Bonanni avevano annunciato la nascita della Commissione Ministeriale sull’amianto, una istituzione della lotta contro la fibra killer e per la tutela di tutte le vittime.
Costa, aveva proposto una cabina di regia unica sull’amianto per dare risposte ai cittadini sulla mappatura, la bonifica, il monitoraggio, la ricerca. “Dobbiamo mettere in campo le migliori tecnologie e lavorare con i progetti di eccellenza italiani in questo settore. Non possiamo più aspettare” –
Oggi confidiamo dunque nella task force, che vede protagonisti il Ministro Costa ed il Presidente ONA Ezio Bonanni, affinchè il loro impegno possa dare i frutti nella direzione sperata, in nome della tutela dell’ambiente e di tutti gli esseri viventi.