
Sono impazzito? Forse…o forse no, prendo solo atto di come funziona una certa lotta in favore della legalità, ed è per questo che voglio lanciare una proposta rivoluzionaria prima che qualcuno me la soffi. In un Paese dove le archiviazioni diventano medaglie d’oro e gli indagati con un curriculum di tutto rispetto vengono difesi d’ufficio sui social come fossero vittime di un complotto galattico, non è forse giunto il momento di dedicare una piazza al vero, unico, inimitabile… Vittorio Mangano?
Non stupitevi. Se l’antimafia di oggi è più interessata a commentare esaltandosi per un’archiviazione, come quella che si profila per l’ex senatore pluripregiudicato Marcello Dell’Utri nel fascicolo sulla strage di via D’Amelio, che a cercare la verità, beh, è chiaro che la bussola morale ha bisogno di manutenzione.
La Procura di Caltanissetta chiuderà l’indagine aperta nel 2022 sull’intervista in cui Paolo Borsellino parlava dei rapporti tra Dell’Utri e Mangano, ipotesi che non ha trovato riscontri sufficienti come movente per l’accelerazione della strage.
Ora, lasciamo un attimo in stand-by il fatto che mancanza di riscontri non è sinonimo di certificato di galantuomo, la vera commedia – o tragedia – è l’esultanza. Perché mai chi si batte per la legalità dovrebbe festeggiare la chiusura di un’indagine su un soggetto che la Cassazione ha ritenuto presente a un incontro – al quale era presente anche Silvio Berlusconi – con i capimafia Stefano Bontate, Francesco Di Carlo e Mimmo Teresi, per concordare la protezione mafiosa di Arcore? Un soggetto che ha poi introdotto Vittorio Mangano nella villa, un uomo che, secondo il Tribunale di Palermo, è stato scelto proprio per il suo spessore delinquenziale?
L’unica risposta sensata è che l’antimafia, oggi, sia diventata un reparto di PR per politici sotto accusa.
Non è che stiamo parlando di un impiegato del catasto scambiato per un latitante. Il percorso di Dell’Utri è una vera e propria visita guidata nella storia di Cosa Nostra:
Non solo ha portato Mangano ad Arcore, ma la giustizia ha accertato che lo ha fatto con la piena consapevolezza che Mangano era un mafioso.
Un uomo, Dell’Utri, la cui reputazione purtroppo è stata rovinata dalla passione per le feste. E sì, la partecipazione a compleanni e matrimoni, come quando il 24 ottobre 1976, Dell’Utri si trovò, certamente inconsapevole di chi fossero gli altri commensali, insieme con Vittorio Mangano e ad altri mafiosi alla festa di compleanno del boss catanese Antonino Calderone.
Ed è sempre la passione per le feste che lo porta a partecipare al matrimonio del boss del narcotraffico Jimmy Fauci a Londra nell’81.
Del resto, chi di noi non si trovò mai a partecipare al compleanno di Riina o Provenzano? Che male c’è?
Dell’Utri, inoltre, è sempre stato un instancabile lavoratore che ha prestato la sua opera per diverse società, tra le quali la INIM, società che, secondo la Criminalpol, era gestita dalla mafia per riciclare denaro sporco. Ma, ovviamente, la storia per taluni è diversa da quella della Calcestruzzi Spa e del controllo mafioso da parte di Riina. Il suo capo (Rapisarda), quello che aveva legami con i Cuntrera-Caruana, è fuggito usando il passaporto del fratello di Dell’Utri. Casualità da Guinness dei primati.
Nel 1983, un blitz antimafia lo trova nella residenza del boss Gaetano Corallo a Milano. Una serata culturale, forse.
Eppure, a fronte di questo, si attesta la stima per l’ex senatore, come nel caso dell’ex colonnello De Donno in Commissione antimafia, e si fa a gara a difenderlo. Un plauso che contrasta un po’ con la voce di Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso, che definì Dell’Utri il “referente politico degli assassini di mio padre“.
Ma torniamo al vero protagonista della mia proposta.
Se Dell’Utri, il manager dei rapporti tossici (come minimo), merita l’esultanza per l’ennesima archiviazione, allora Mangano merita la riabilitazione completa.
Del resto, era un uomo che, nelle parole di Dell’Utri, era un eroe. Un eroe che, invece di vendere i propri servigi, li offriva al miglior acquirente per garantire la protezione necessaria in un certo ambiente d’affari. Un uomo che ha partecipato a un vertice tra manager e capimafia in Foro Bonaparte, una specie di Consiglio di Amministrazione per la sicurezza aziendale.
Quindi, basta ipocrisia. Via le timide targhe, via i giardinetti. Se l’antimafia d’oggi applaude l’amico del boss, è arrivato il momento di celebrare il boss.
Piazza Vittorio Mangano eroe, magari con una statua che lo raffigura mentre tiene in mano, non un cavallo, ma una pila di documenti societari. Sarà un omaggio sincero a questa stagione politica, dove l’unico vero crimine sembra essere non riuscire a farsi archiviare o prescrivere.
Gian J. Morici