
L’esplosione dell’auto di Sigfrido Ranucci in una tranquilla frazione di Pomezia è un evento che ci ha commosso. Non tanto per l’atto in sé — diciamocelo, un’auto che salta in aria oggi fa molta meno audience di un’intercettazione su Telegram — quanto per la valanga di solidarietà che ne è scaturita. Una solidarietà così densa, quasi da soffocare il conduttore.
Chi non ha mai criticato qualche servizio di Report?
Per anni, a differenza della critica, il giornalismo d’inchiesta di Report è stato però sottoposto a una dieta/terapia d’urto, a base di querela bavaglio quasi quotidiana, tanto da aver collezionato oltre 220 tra querele e richieste di risarcimento danno. Questa la dieta tipo:
- Colazione con Fratelli d’Italia. Un bel piatto di risarcimento danni da 50.000 euro, giusto per iniziare la giornata con un po’ di adrenalina civile.
- Spuntino di metà mattina con Maurizio Gasparri. Un’audizione in Commissione di Vigilanza RAI, per assicurarsi che i giornalisti non si distraessero dal loro ruolo, quello di non fare domande.
- Pranzo leggero con Edi Rama: Un gustoso attacco internazionale, condito da lettere di solidarietà del centrodestra all’Ambasciatrice albanese. Perché, si sa, la diplomazia è più importante della verità, soprattutto se la verità è scivolosa.
- Cena di gala con Grandi Gruppi e Famiglie Illustri (Agnelli/Elkann inclusi), e relativi milioni di euro in richieste di risarcimento, per ricordare che il vero prezzo della libertà di stampa è il fallimento.
Insomma, il cast di accusatori, da La Russa a Giorgetti, da Renzi a Sgarbi, da Gaetano Caputi a Flavio Tosi, da Maurizio Gasparri a Arianna Meloni, da Daniela Santanchè a Marta Fascina e compagnia cantando (la lista è troppo lunga per elencarli tutti) hanno costruito una sorta di “Muro del Pianto Legale “intorno a Ranucci.
E adesso? Adesso che l’auto è esplosa, tutti si sono affrettati a saltare la barricata.
Una sorta di “solidarietà condizionale”, una pietanza tipica della politica italiana.
I politici che fino a ieri chiedevano l’epurazione di Report e dei suoi conduttori dalla RAI – spesso con la veemenza di chi ha appena scoperto uno scarafaggio nel piatto – oggi si ergono a paladini della democrazia. Il messaggio è chiaro: “Caro Ranucci, ti siamo vicini. Ma attenzione: solo se ti attacca la mafia. Se sei tu a scoperchiare una nostra magagna, torniamo subito a chiederti 50.000 euro. Capisci, il mercato è il mercato…”- e così la solidarietà costa meno in termini di coerenza.
Per anni, la minaccia all’informazione è arrivata in fascicoli depositati in tribunale, in pesanti scatoloni di documenti in Commissione di Vigilanza, o in stizziti tweet di capi di governo stranieri. Una minaccia civile, istituzionale, pulita. Nessuno si indignava particolarmente. Era solo un gioco democratico.
Ora, arriva la vecchia, cara, anacronistica bomba (a proposito, da quando non si faceva uso di esplosivi?) e tutti sembrano svegliarsi e chiedersi cosa fare. Magari qualcosa del tipo mandare un tweet di cinque righe, e poi chiedere un’audizione per sapere perché Report non ha parlato abbastanza di una ultima iniziativa legislativa.
Come ha osservato Ranucci stesso: “Ci sono quattro-cinque tracce importanti che… riconducono sempre agli stessi ambiti.” Ma vedrai, in Italia, come sempre, abbiamo il nostro deus ex machina… la mafia. Vedrai se non è stata la mafia…
La mafia. Se non ci fosse bisognerebbe inventarla… (e forse qualcuno, in passato, l’ha fatto, e se anche c’era, la cosa importante è che fosse solo mafia). Il grande Vaso di Pandora dove riversare tutto ciò che è troppo complesso, troppo interconnesso, troppo imbarazzante per la classe dirigente, dalle stragi irrisolte agli affari sporchi, e, ovviamente, le auto che saltano in aria. Accusi la mafia, e tutti si sentono al sicuro. La politica può tornare a querelare e imbavagliare in pace.
L’attentato dinamitardo, con la sua violenza, è il miglior favore che potesse capitare a chi voleva zittire Ranucci senza sporcarsi troppo le mani di censura diretta. Ora, si può dire: “Non siamo stati noi, noi eravamo solo indignati per motivi etici, c’è una minaccia esterna ben più grave.”
E il pubblico sembra dimenticare che Report ha indagato diversi temi legati ai grandi poteri finanziari e alle influenze economiche sulla politica. Tanto per citare alcune inchieste, solo degli ultimi due anni:
- Caso Santanchè e Visibilia. Diverse inchieste sui presunti illeciti finanziari e le vicende legate all’azienda Visibilia e alla Ministra del Turismo, Daniela Santanchè, comprese le indagini per truffa aggravata e falso in bilancio.
- Vittorio Sgarbi e il presunto auto riciclaggio. Inchieste che hanno contribuito all’indagine sul sottosegretario ai Beni Culturali in merito alla provenienza di un quadro e all’ipotesi di autoriciclaggio.
- Eredità Agnelli. Il programma ha continuato a produrre inchieste cruciali che hanno contribuito alla riapertura della disputa sull’eredità e su aspetti finanziari complessi legati alla famiglia, portando a interventi della Cassazione e del Tribunale di Milano.
- Settore Armamento Ferroviario. Un’inchiesta ha portato a un sequestro preventivo di oltre 10 milioni di euro nei confronti di 11 società attive nel settore dell’armamento ferroviario.
- Concessioni Balneari e Bolkestein. Al di là delle criticità sociali, sono state approfondite le dinamiche di potere economico e lo stallo delle gare per le concessioni demaniali, evidenziando privilegi e interessi di lobby.
- Cybersicurezza e Politica. Inchieste sulle attività private e le presunte commistioni tra politica e affari nel settore della cybersicurezza, come nel caso del senatore Maurizio Gasparri, che ha generato grande dibattito.
- Fondazione Milano-Cortina 2026. Le indagini hanno sollevato questioni sulla natura giuridica e la gestione della Fondazione, mettendo in discussione la sua natura “privata” in un contesto di grandi eventi pubblici.
- Il Monopolio del Salvamento. L’inchiesta che ha analizzato la riforma del governo sul salvamento balneare ha evidenziato come le nuove disposizioni possano creare un monopolio a favore di specifiche entità private, a scapito di storiche associazioni.
- Liste d’attesa e Sistema Sanitario. Servizi sulla situazione del sistema sanitario nazionale, i lunghi tempi di attesa per visite ed esami e le difficoltà economiche dei cittadini nell’accesso alle cure.
- Inchieste sulle stragi di mafia
- Inchieste di Report, che hanno messo in discussione la credibilità, l’operato e le nomine della commissione antimafia, che hanno indirettamente scatenato critiche e preoccupazioni sulla composizione e l’imparzialità della commissione
- Senza dimenticare l’inchiesta che ha ripercorso gli eventi e le dinamiche che hanno portato alla drammatica fine di Giulio Regeni in Egitto. L’attenzione è stata focalizzata sul contesto politico-diplomatico, evidenziando come, nonostante la tragedia, le istituzioni italiane abbiano continuato a rinsaldare i rapporti con l’Egitto, facendo passare in secondo piano la ricerca della verità e giustizia per Giulio.
Le inchieste del programma hanno avuto conseguenze giudiziarie e amministrative, aprendo o accelerando indagini su alcuni dei nomi più influenti del Paese.
A fronte di questa attività, non stupisce che Report e il suo conduttore siano stati sottoposti a una tutela. Un’insufficiente tutela…molto meno di quella che, per ragioni politiche, si dà a chi non ha mai ricevuto minacce…
In questo scenario, la solidarietà che in queste ore è stata espressa da taluni, in particolare da chi in passato ha tentato in ogni modo di imbavagliare l’informazione del programma, anche attraverso attacchi in sede istituzionale Rai, appare sinceramente penosa. Report ha dovuto difendersi da attacchi interni ed esterni, dimostrando come il vero ostacolo all’informazione non sia solo la minaccia esterna, ma anche una costante pressione per la censura.
La mafia. Se non ci fosse la vera e cara mafia, dovremmo inventarla. Tanto, in questo paese, tutto ciò che non si riesce o non si vuole capire – che si tratti di stragi, di complotti o di un’auto che salta in aria – va addebitato solo ed esclusivamente alla mafia, l’ingrediente che non può mancare in ogni minestrone all’italiana
Questo comodo paravento, pur non escludendo la matrice criminale, serve spesso a coprire la complessità delle interconnessioni tra affari, politica deviata e poteri occulti, che Report ha più volte cercato di disvelare. L’attentato dinamitardo, con la sua violenza anacronistica, è il monito più chiaro che chi tocca certi fili rischia di bruciarsi, e risveglia i fantasmi di un’Italia che credevamo sepolta.
La solidarietà? Un plauso a questa magnifica ondata di “Solidarietà pelosa”. Ci ricorda che, in Italia, la vera protezione non arriva dai tribunali o dalle istituzioni, ma da un buon, vecchio, drammatico, atto criminale che distoglie l’attenzione dagli insidiosi, e ben più numerosi, atti legali.
Il giornalismo d’inchiesta è salvo. Fino alla prossima citazione in giudizio. E, mi raccomando, #StaiSereno, Sigfrido, e cambia l’auto in un modello anti-bomba, per carità…
Gian J. Morici