“E ancora passeggiamo, su e giù per la via più rappresentativa di Collearso (Agrigento – ndr), che comincia con un Teatro-Municipio – o viceversa, se si vuole – e sfocia in una piazzetta con Empedocle che punta in alto il suo indice, tra l’ex Archivio Notarile, ora Biblioteca comunale, e la caserma dei Carabinieri”.
Con queste parole di Salvatore Nocera Bracco, medico artista e scrittore, iniziava la prefazione di un romanzo.
Agrigento Teatro-Municipio o Municipio-Teatro?
Agrigento ha l’aria antica. I suoi templi, i suoi palazzi, le sue viuzze, i suoi cortili, le sue (tante) macerie…
Il Re governa da 40 anni, ma in una repubblica anche i monarchi hanno bisogno di essere rappresentati da una parvenza di democrazia.
È buffo assistere a un duetto (monologo con statuina silente) su Agrigento Capitale italiana della cultura che ha già ricevuto severe e pesanti bocciature.
Ieri sera a portare in discussione in Consiglio comunale lo statuto della fondazione Agrigento capitale della cultura è stata parte dell’opposizione che dopo l’approvazione a maggioranza bulgara del nuovo vicepresidente del Consiglio comunale ha chiesto di prelevare il punto.
Un nulla di fatto, poiché dopo la richiesta di trattare lo statuto, a dileguarsi dall’aula sono stati i consiglieri di maggioranza che hanno fatto saltare il numero legale con un rinvio a data da destinarsi.
Agrigento sa di vecchio, non di antico.
Quel vecchio polveroso di Re e Vicerè, attori e comparse, nel quale diventa difficile riconoscere chi siano gli uni e chi gli altri, ad esclusione del Re.
Una storia che per certi versi ricorda i “Sei personaggi in cerca d’autore” di pirandelliana memoria, con in aggiunta la difficoltà a comprendere chi sia la Figliastra costretta a prostituirsi in un amplesso con il Padre che questa volta non viene riconosciuto.
È la storia, senza vergogna e rimorsi, di una convivenza che presto o tardi verrà accettata com’è d’uso in questo Municipio-Teatro, dove altri facenti funzioni di sindaco arrivarono persino a nascondersi sotto la scrivania per sfuggire a un’intervista.
E mentre questo accade nelle stanze della politica, quella così piccina da meritare un minuscolo del minuscolo, in altre stanze il potere viene gestito da chi dirige gli uffici secondo i principi del Marchese del Grillo.
Appalti, gare, progetti e quanto altro, gestiti senza rimorso né vergogna.
Di positivo, per i protagonisti – non per gli agrigentini -, che l’attuale opera teatrale, a differenza dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Luigi Pirandello, finirà senza annegamenti né suicidi.
Con l’acqua al collo (si fa per dire, vista la perenne crisi idrica) e votata al suicidio, la città osserva muta.
L’unica speranza è che la via più centrale, che comincia con un Teatro-Municipio – o viceversa, se si vuole –, finisca come la prefazione di Nocera, con la caserma dei Carabinieri.
Gian J. Morici