Eccoli lì, le loro facce in misura manifesto, a chiedere il voto per diventare Sindaco di Palermo.
E accanto a quei visi – ritoccati dall’alterazione digitale – le tre parole che vorrebbero scolpire il loro programma politico e amministrativo.
Slogan vuoti per sguardi spenti.
Nessuno di loro che racconti un vero programma, un reale progetto, un’autentica aspirazione di una città futura.
D’altronde, conoscono bene il popolo fruitore del messaggio e sanno che a nulla serve tutto questo, perchè in politica conta solo quanti cøgliøni vanno alle urne.
E, forse, sanno pure che – una volta insediatisi – a poco servirà il buon governo di una città che si manifesta indifferente ed ignava ad ogni nefandezza.
Prova ne è nelle mille bare in attesa di sepoltura e nella pietà per i defunti ridotta ad un cumulo di silenziose macerie.
Del resto, il Sindaco di Palermo – da sempre – non si è mai creato sull’idea di un progetto da realizzare, ma nel gioco degli apparentamenti e degli interessi (a volte criminali).
Qualcuno, addirittura, dopo essere stato eletto correva a ringraziare il mafioso di turno e faceva suo Assessore un tale poi dichiarato organico a “Cosa Nostra”.
Nel tempo, la sfortunata capitale siciliana ha visto di tutto e di più con corredo di omicidi eccellenti (e non).
Proprio per questo, Palermo è diventata cinicamente estranea al suo stesso tragico destino di immutabilità.
Provare a cambiare il karma è quasi impossibile ed i “nuovi” candidati lo sanno bene.
A ragione di ciò, sui manifesti preferiscono mettere le loro facce che poco ispirano e scolpirvi parole che nulla dicono.
Ma se – per incanto o per magia – potesse rinascere la vera democrazia del voto ed il valore della scelta politica di un rappresentante, ecco che tutto cambierebbe.
Immagino uno scenario in cui il candidato abbia un sogno concreto da condividere e tutto basato sul giuramento che gli antichi Greci facevano ai loro cittadini.
“Prometto che restituirò, a voi, la città più bella e più giusta di oggi, giorno in cui l’avete consegnata nelle mie mani”.
Ecco, mi basterebbe questo.
Sarei felice solo a sapere che – nella mente di chi dirigerà la città per il tempo a venire – vi sia l’idea migliore racchiusa nella parola “Pòlis“.
Un luogo di virtù e di eccellenza amministrato con intelligenza e saggezza.
A questo deve servire la migliore idea di politica (che alla parola greca si ispira).
La città futura da ri-costruire non sia frutto di una distrutta eredità, ma un prestito fiduciario avuto dai nostri figli…
Lorenzo Matassa