Dobbiamo cambiare pescando nel grande patrimonio professionale della tv pubblica
Il paradigma italiano della politica malata, frutto avvelenato di un dibattito pubblico malato, impone al nostro Paese di cambiare totalmente registro e di farlo subito. La scelta dei vertici Rai per il nuovo governo di unità nazionale è un passaggio decisivo se si vuole cambiare davvero il Paese. Il primo centro-sinistra fanfaniano, che dopo i governi centristi degasperiani rappresenta una delle stagioni riformiste più rilevanti nella storia repubblicana di questo Paese, non avrebbe potuto fare quello che ha fatto senza la Rai di Bernabei. La Rai è un’azienda culturale che produce contenuti editoriali, il resto è supporto. Ogni volta che si è cercato di fare il contrario, sono stati disastri. Pensiamoci bene, per favore, prima di nascondere l’anima di un’azienda e del suo Paese sotto il tappeto polveroso dei conti che con i loro sacerdoti incompetenti non potrebbero fare altro che peggiorare
di Roberto Napoletano, Direttore del Quotidiano del Sud – l’Altravoce dell’Italia
Abbiamo chiarito che la normalità perduta va ritrovata e che il metodo Draghi opera con successo in questa direzione. Il mosaico del nuovo Stato si arricchisce giorno dopo giorno di nuovi tasselli che si collocano dove vanno collocati. Diciamo le cose come stanno. Si cercano le persone capaci di fare questo o quello perché lo hanno dimostrato sul campo. Nella logistica sanitaria come nella capacità di fare investimenti. Nella dimestichezza con i mercati internazionali come nella conoscenza e nell’organizzazione della macchina pubblica. Si cercano i migliori, si punta a un’azione omogenea dei ministeri, si vuole recuperare capacità decisionale effettiva. Si comincia finalmente a capire che si deve fare l’esatto opposto di quello che si è fatto negli ultimi venti anni. Non solo o non tanto perché in queste condizioni non saremmo capaci di spendere neppure un euro del Recovery Plan italiano e sulle nostre spalle cadrebbe inevitabilmente la responsabilità di avere fatto fallire il programma europeo Next Generation Eu. Non solo o non tanto perché in queste condizioni condanneremmo l’Italia al default sovrano e faremmo abortire sul nascere l’idea di un’Europa che consolida la linea di politica economica espansiva e solidale e va per la prima volta a raccogliere capitali sui mercati unitariamente.
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