Le leggende della Rocca di Aci Castello sono tracce di memoria orale, di paure incognite e di apparizioni terrificanti, e hanno tutte il fascino perverso dell’ineffabile
Beniamino Biondi
Critico cinematografico
Ci sono luoghi, in Sicilia, in cui il mare è la quinta scenica di piccoli borghi, un corollario turchese che li abbraccia e li costringe alla loro insularità perenne; e ci sono luoghi nei quali il mare è tutto e le città, se esistono, quasi affiorano da esso – come lave di pietra – intanto che le onde provano a fagocitarle roboando minacciose e ossessive.
Aci Castello, con la sua Riviera dei Ciclopi, ha nel mare il suo destino di bellezza: un tratto di costa siciliana che affonda nel mito omerico da Aci e Galatea e passando per Ulisse e Polifemo fino ai Malavoglia di Giovanni Verga. Sì, perché Aci Trezza è una frazione del paese, un vero e proprio minuscolo borgo di pescatori che commuove nel richiamo di memoria a quelle vite soverchiate da un destino tragico e destinato.
Le leggende della Rocca di Aci Castello sono tracce di memoria orale, di paure incognite e di apparizioni terrificanti, e hanno tutte il fascino perverso dell’ineffabile. La prima storia è quella del cacciatore imprigionato…
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