E’ triste prendere atto che saranno in pochi oggi a festeggiare
La Lettera
di Biagio Maimone
Caro Presidente del Consiglio,
si celebra anche quest’anno la Festa dei lavoratori, nonostante il diritto al lavoro abbia subito un nuovo ed imprevedibile, nonché devastante, attacco: questa volta, da un nemico dell’essere umano che è invisibile, un virus definito coronavirus.
Molte persone a causa di questo terribile e sconosciuto virus hanno perso la vita e molte, anzi moltissime, hanno perso il lavoro o sono prossimi a perderlo, a causa dell’isolamento sociale.
Essi, tuttavia, non hanno perso il diritto al lavoro, che è il diritto fondamentale che lo Stato Italiano pone a fondamento della propria Costituzione.
Come garantire allora il diritto al lavoro di quanti si sono fermati ed anche di quanti non hanno mai avuto un lavoro o lo hanno svolto al di fuori delle norme previste dal Diritto del Lavoro, dei cosiddetti lavoratori in nero?
E’ questa la domanda inquietante che il Primo Maggio del 2020 rivolge alle Istituzioni e ai Datori di lavoro che si sono visti privati della forza lavoro di cui essi hanno bisogno per poter sopravvivere.
Non si può negare che una nuova dimensione della povertà si è aperta davanti ai nostri occhi, dovuta ad un’epedemia devastante, che nessuno aveva pensato potesse, nel secolo attuale, dominare la vita umana.
Si infoltisce, d’un tratto, l’universo dei poveri e poveri non sono solo quelli che “non hanno”, ma anche quelli che “hanno” e che temono di perdere ciò che hanno a causa dell’impossibilità di garantire l’attività lavorativa.
Per molti oggi sarà un giorno di grande tristezza.
Non vi è dubbio che la parola lavoro ha acquistato per tutti lo stesso valore, sia per i poveri, sia per i ricchi.
Si tratta di una nuova forma di equità sociale?
Forse si. Ma si tratta soprattutto dello svelamento di una grande verità storica, ossia che quando si parla di lavoro inevitabilmente si diventa uguali, che non possono esservi sfruttatori e sfruttati , in quanto vi sono solo risorse umane che collaborano per costruire un progetto di vita.
Molti pensatori lo hanno espresso nel corso dei secoli, molte lotte operaie lo hanno sancito vigorosamente .
Occorre domandarsi anche quante fossero le persone senza lavoro prima della pandemia in Italia.
Tante, forse troppe, a cui si univano quelle persone che lavoravano in nero, anch’essi lavoratori anche se senza contratto.
E’ triste prendere atto che saranno in pochi oggi a festeggiare.
Lavorare è stata sempre una conquista , mai un diritto.
Caro Presidente, alla luce dei danni creati dalla pandemia, facciamo leva sul diritto al lavoro per unificare un territorio, ossia l”Italia, che è stato sempre diviso in un Nord ricco e in un Sud povero e creiamo le fondamenta per una vera Festa del Lavoro, per un nuovo Primo Maggio.