Anche restando a casa, oltre a tutelare se stessi e gli altri dal contagio, si può contribuire a fare qualcosa per combattere l’emergenza Coronavirus. Per esempio, sostenendo con la propria firma la petizione (http://chng.it/GzVYxGLw) lanciata dall’Anaao Assomedi, associazione di medici dirigenti, veicolata sulla rete sulla rete attraverso singole persone e realtà del territorio. Una di queste è o la SIMeGeN/Donne in Neuroscienze che invita a farla propria e diffonderla quanto più possibile.
Forte, ovviamente, il dissenso rispetto all’art.7 del Decreto Legge 9 marzo 2020 n. 14, in base al quale “i sanitari esposti a pazienti COVID-19 non devono essere più posti in quarantena, ma devono continuare a lavorare anche se potenzialmente infetti. La sospensione dal lavoro è prevista solo se sintomatici o positivi”.
“Esprimiamo il più assoluto dissenso rispetto ai contenuti di questo articolo – si legge nella petizione rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Salute e al Parlamento Italiano – legato al notevole aumento del rischio clinico, per il lavoratore e per i pazienti, data la grave e persistente carenza di DPI, di tamponi e il colpevole ritardo nell’eseguire e processare gli stessi”.
Precisa, rispetto alle raccomandazioni da adottare per la garanzia della salute dei sanitari, la petizione in questione.
“Affinchè le ASL/ASO mettano in sicurezza tutti gli operatori impegnati in prima linea (Emergenza/Urgenza, Terapie intensive, Malattie infettive, Pneumologia, etc) – recita ancora il testo – è necessario: che siano forniti di adeguati DPI (in particolare maschere FFP2, guanti, visiere e sovracamici), in quanto all’interno delle Strutture Sanitarie oramai non è più possibile discernere chi è stato esposto da chi no; che il medico preposto a procedure di generazione di aerosol sia tutelato con maschere FFP3, come da linee guida scientifiche internazionali; che venga abolito immediatamente il divieto, che alcune ASL/ASO hanno imposto, di indossare le mascherine negli spazi comuni e venga altresì imposto perlomeno negli spazi comuni dei reparti; che il personale esposto si sottoponga obbligatoriamente a tampone, eventualmente dopo 72 ore di isolamento fiduciario, e che il risultato sia prontamente disponibile (5-7 ore). Il ritardo sia nell’esecuzione che nella processazione del tampone ha risvolti colposi, poiché favorisce il contagio”.
In caso contrario, alla luce delle ulteriori misure restrittive decise dal Governo, si è detto più volte, i presidi ospedalieri diventeranno l’unica area di contagio del paese, anziché di cura. Il tutto, ricordando che ogni sforzo economico, ogni iniziativa deve essere messa in campo per proteggere il personale sanitario dall’infezione da Sars-CoV-2, perché rappresenta la risorsa più preziosa per combattere l’epidemia e per garantire l’accesso alle cure dei malati Covid-19 e le loro possibilità di sopravvivenza.
Precauzioni, raccomandazioni necessarie a uscire al più presto da un’emergenza per fronteggiare la quale dobbiamo essere tutti uniti.
Per dare il proprio sostegno a questo appello, il link è il seguente: http://chng.it/GzVYxGLw.