Dal nuovo libro di Agostino Spataro
“Attorno alla Fondazione Sciascia di Racalmuto stanno accadendo cose preoccupanti – afferma l’autore del libro – Da un lato la verifica ordinata dal presidente della Regione, on. Musumeci, sulle gestione finanziaria e dall’altro lato le polemiche (assai deludenti) fra vari soggetti locali, politici e non, sulle nomine degli organi di gestione della Fondazione. Fatti gravissimi che confermano quanto scritto in questo libro in corso di stampa”.
Il casuale rinvenimento, presso la Fondazione Gramsci di Roma, di due lettere (inedite) scambiate tra Renato Guttuso e Leonardo Sciascia hanno riacceso in Spataro l’interesse per la personalità dello scrittore, soprattutto sul versante politico e civile, in un momento in cui certe polemiche evidenziano un disagio da tempo latente, e irrisolto, all’interno della stessa cerchia dei suoi estimatori.
Spataro, che si reputa soltanto uno dei tanti lettori ed estimatori di Sciascia, a 30 anni dalla sua morte, osservando la realtà che lo circonda, specie dalle parti di Racalmuto, ne ha tratto l’impressione che taluni (non tutti in verità) “amici” dello scrittore, nell’intento di celebrarne le doti, continuano a sottoporlo a una sorta di “stress laudativo”, passionale, possessivo perfino, che, certo, non sarebbe stato gradito al laudato.
Pratiche discutibili che potrebbero risultare detrattive dell’opera e della stessa personalità dello scrittore che rischiano di essere risucchiate dentro una dimensione territoriale ristretta e non universale come Sciascia merita.
Sciascia dovrebbe “lasciare” Racalmuto per una vacanza
“A mio modesto parere – scrive Agostino Spataro- – Leonardo Sciascia dovrebbe “lasciare” Racalmuto per qualche tempo. Non intendo il paese, né la Fondazione da lui voluta, ma l’aere un po’ vischioso e l’inopportuna udienza che lo circondano, per inoltrarsi, più di quanto non sia, per le vie del mondo. Insomma, prendersi una “vacanza”, magari a Parigi, città da lui amata e da lei riamato.
Farsi quattro passi nel quartiere latino. Curiosare fra le vetrine di libri, fra la gente che ha ancora voglia di respirare cultura, aria di libertà. Fare un salto al Cafe’ Procope, creato dal siciliano Procopio, detto “dei coltelli”, nel 1686, un secolo prima della Rivoluzione francese ossia la madre di tutte le rivoluzioni della storia moderna.
Il primo café parigino, il più antico del mondo, centro della vita letteraria e filosofica parigina, frequentato dalla gran crema dell’intellighenzia illuminista (Voltaire, Diderot, D’Alembert, ecc) e dai capi rivoluzionari più influenti (Danton, Marat e Robespierre, Bonaparte, ecc) e dai più rinomati scrittori francesi ed europei.
Un luogo ideale in cui un illuminista contemporaneo- come Sciascia si proponeva- può ritrovare lo spirito del tempo, di quel tempo, di quelle idee, appunto, luminose, che divennero diritti individuali e collettivi, che schiarirono i cupi cieli d’Europa e penetrarono il mondo con i loro aneliti di libertà, di fratellanza e di sovranità popolare che – per la prima volta- fu trasferita dai re ai popoli.
A proposito di sovranità mi sia consentita una breve digressione. Oggi, nel 2019, tale inestimabile conquista politica e civile é dileggiata, derisa, declassata a “sovranismo” e presentata come una malattia incurabile di masse di cittadini “cretini”, ritenuti tali solo perché si oppongono al tentativo (in atto) di ritorno indietro, di ri – trasferimento della sovranità popolare dalle Costituzioni democratiche (compresa quella italiana) ai “mercati” ossia ai nuovi poteri, anonimi e voraci, che vogliono plasmare il mondo, l’umanità secondo i loro immorali interessi economici e finanziari.
Un’analisi attenta del pessimismo di Sciascia; il patto “segreto” tra Moro e Berlinguer; la scandalosa gestione del sequestro Moro e le ambiguità dei partiti, fanno di questo libro un testo da leggere per conoscere anche il rapporto Sciascia e Guttuso, due intellettuali siciliani di prima grandezza che costituirono un sodalizio fra i più interessanti e vivaci della cultura italiana del secondo novecento.