Il libro “Il caso Kaufmann” di Giovanni Grasso ci porta nella Germania nazista che ha appena promulgato le leggi razziali. Due i protagonisti di un fatto realmente accaduto, ai quali vengono però attribuiti nomi di fantasia: un ebreo benestante, presidente della comunità ebraica di Norimberga, Lehmann Kaufmann (Katzenberger), detto Leo, e Irene Seiler, una giovane ragazza tedesca ariana. Leo, ebreo osservante, 60 anni, vedovo da cinque, è un apprezzato commerciante. La sua vita, cupa e monotona, viene sconvolta dall’arrivo di Irene, figlia del suo migliore amico. Solo l’onestà di Leo e la notevole differenza di età impediscono che l’amicizia si trasformi in una relazione.
Alla presentazione del libro di Giovanni Grasso, curata da Antonio Ivan Bellantoni, il sindaco Mattia Palazzi e il direttore della Gazzetta di Mantova Paolo Boldrini
UNA DELICATA STORIA DI GRANDE AMICIZIA SOFFOCATA DALL’ODIO
Nella Sala degli Stemmi di Mantova, il sindaco Mattia Palazzi e il direttore della Gazzetta di Mantova Paolo Boldrini hanno commentato una delle pagine nere d’Europa che Grasso – giornalista, saggista e autore televisivo, consigliere per la stampa e la comunicazione e direttore dell’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica – ha trasformato in romanzo storico: l’ha scritto in un anno, ma ha dovuto aspettarne altri venti prima di trovare un editore.
Mentre sta aumentando l’odio razziale, vicini di casa, amici, la portinaia cominciano a guardare l’amicizia di Leo e Irene con sempre più grande diffidenza e ostilità. Dopo la “Notte dei Cristalli” durante la quale vengono distrutte sinagoghe e negozi di ebrei, la storia di Leo e Irene comincia la sua drammatica discesa, che porterà dapprima alla confisca di tutte le proprietà di Leo, poi al suo arresto, al processo, al drammatico finale. Leo verrà impiccato.
Grasso si sofferma sugli atti del processo. Il protagonista-vittima, accusato di “inquinamento razziale” per aver avuto rapporti sessuali con Irene, senza vere prove, era stato dapprima prosciolto dall’onesto giudice delle indagini preliminari. Successivamente però si decise che la violazione razziale da parte di un ebreo nei confronti di una donna ariana meritava una condanna esemplare; per questo fu incaricato del processo il giudice Oskar Rothenberger, nominato presidente della Corte speciale di Norimberga, quella che fu il vero tribunale del terrore nazista. Si procedette con inaudita violenza verbale contro Leo Kaufmann, la cui colpevolezza doveva essere inoppugnabile mentre la condanna diventare un monito per l’intera nazione. Un delitto mascherato da giustizia.
Il libro di Giovanni Grasso si conclude con un’interessante postfazione che racconta la genesi del libro, gli spunti di riflessione che ci portano al presente, anche se il romanzo fu concepito e scritto oltre venti anni fa. La sua odierna pubblicazione ed il suo valore come documento di una stagione terribile con cui pensavamo di aver chiuso definitivamente i conti, ci sollecita e riflettere ancora una volta sull’importanza di storia e memoria: aver studiato i documenti di un processo a cui furono sottoposti la innocente Irene, l’innocente Leo, colpevoli di un’amicizia intensa e affettuosa, considerata “a quei tempi” un delitto “razziale”, ci deve far guardare con attenzione i tanti episodi di odio razziale che si stanno moltiplicando nella Europa del 2019, a oltre 80 anni da quegli eventi sciagurati.
Presenti tra gli altri all’evento Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e di Europasia, Carolina Bellantoni (Prefetto di Mantova), Paolo Sartori (Questore di Mantova).
Colombo Clerici, nel commentare l’incontro, ha dichiarato:
«Il romanzo si ispira ad una vicenda storica realmente accaduta: il caso Katzenberger.
Molto interessante, a questo proposito, l’approfondimento giuridico fatto dall’autore, sul tema del ruolo avuto, durante il periodo nazista, dai Tribunali speciali di guerra, sotto la cui giurisdizione il caso Katzenberger, con un evidente artificio logico, venne ricondotto; e l’illustrazione del concetto assai contraddittorio di contaminazione razziale che costitui’ la base della condanna.»