Ho sempre detto che Matteo Salvini, che mi “sta antipatico” come pochi altri, è tutt’altro che fesso. E, benché tendenzialmente ignorante (sissignori, c’è un’ignoranza “tendenziale”, che si vede anche dalla faccia) sa approfittare magnificamente dell’ignoranza altrui.
Prendete la storia dello scuolabus e della strage sventata degli scolari.
Non è stato lui a tirar fuori che, visto che alla prontezza di riflessi, all’intelligenza ed al coraggio di quel ragazzo, Ramy, bisognava “dare lo jus soli” a lui e a non so quanti altri e che la confusione delle idee in proposito era arrivata al top, ha fatto una virata di bordo ed è diventato il generoso elargitore al ragazzetto della cittadinanza italiana. Ci ha messo un po’ a capirlo, non perché sia di comprendonio duraceo, ma per quelle complicazioni del latino maccheronico, non so se alla carbonara o alla matriciana, che ci hanno messo di mezzo.
Ma ha, poi, capito. Ha capito benissimo che la concessione della cittadinanza a Ramy, il ragazzo ormai famoso e popolare, non solo non aveva nulla a che fare con lo “jus soli” o con quella cosa che così chiamano quelli che non conoscono il latino ma nemmeno l’italiano, ma che dare la cittadinanza in premio a chi si è mostrato capace di salvarsi la pelle e di salvarla ai suoi compagni era ed è esattamente l’opposto della concessione della cittadinanza “jure soli”.
La cittadinanza per meriti eccezionali, per il coraggio civile, la capacità professionale, la fama scientifica si dà a chi non ce l’ha per nascita o, comunque, ad altro titolo.
Il gesto raffinato del più grossolano e buzzurro uomo politico non solo italiano (quello che tifava per il Paraguay contro l’Italia ai Campionati del Mondo perché lui è “padano”) è, se vogliamo rifletterci, null’altro che questo: “Lo jus soli mettetevelo in quel posto. La cittadinanza la diamo, la do a chi se la conquista con meriti, fama, fortuna eccezionali”.
“Do ut des” diremo tra noi che un po’ di latino del liceo ce lo ricordiamo.
Allora, però al Brigadiere Salvini, che sembra lanciato ad una teorizzazione meritocratica del diritto di cittadinanza, bisognerebbe chiedere di provvedere anche alla revoca della cittadinanza non solo a chi se le è fatta conferire abusivamente, ma anche a chi la possiede proprio “jure soli” essendo nato e cresciuto in Italia anche da genitori Italiani ma è indiscutibilmente un babbeo.
Se cittadinanza equivale a “merito”, distinzione, onorificenza, allora revochiamola subito agli imbecilli, agli allocchi, ai presuntuosi.
Certo non pretenderemo che Salvini si revochi da sé una cittadinanza che oggi (oggi, perché ieri ci sputava sopra) giurava essergli così cara. Ma si guardi intorno.
Se passasse il concetto di una cittadinanza-onorificenza, nel momento in cui la diamo e siamo ben lieti di darla allo sveglio ragazzotto egiziano, dovremo toglierla, che so, ad un ministro che è diventato sinonimo di “allocco”.
Qui mi fermo. Se no mi tolgono, magari con una scusa, la cittadinanza. Alla quale tengo molto. Mica ho mai tifato per il Paraguay…
Mauro Mellini