E’ sempre con invincibile senso di disgusto che, per avere un quadro delle pretese dell’ala Palermitana dell’estremismo antimafia, sempre più evidentemente connessa con la mafia Confindustriale-amministrativa e dell’Antimafia, leggo gli sproloqui del noto Guru Giorgio Bongiovanni, quello con la croce dipinta sulla fronte, direttore di “Antimafia 2000” organo (lo attesta Ingroia) ufficioso della Procura di Palermo.
Questa volta (20.07.18) ne vale la pena.
C’è, naturalmente di mezzo Di Matteo, quello che, per aver sbagliato tutto con grande pertinacia al processo per l’assassinio di Borsellino (il più clamoroso depistaggio della storia – lo dice la Cassazione) è diventato un eroe, uno dei pilastri della lotta alla mafia, tale che anche Totò Riina, di fronte a tanto immacolato trionfo ha dovuto scomodarsi ad infliggergli una “condanna a morte” ad honorem, che gli è valsa quale titolo per la Procura Nazionale Antimafia di Roma, con tanto di trasferta per la sua abituale residenza di Palermo (con indennità etc.) nonché con la superscorta e la supermacchina antibomba e, soprattutto, con il pellegrinaggio in Città e Villaggi del Continente e delle Isole a raccogliere un subisso di “cittadinanze onorarie” che il Movimento 5 Stelle impone ai Consigli Comunali di conferirgli all’unanimità.
C’è di mezzo stavolta, ma ahimé con una invocazione invece che di qualche altra cittadinanza onoraria o di candidatura al Ministero della Giustizia o, alla peggio, alla Direzione del Dipartimento Istituto di Prevenzione e Pena, è un’invocazione, direi di pietà. Pietà per un falso eroe. Non fategli male tirandolo giù dal piedistallo.
E’ un ritorno alla ragione?
Manco per sogno. A tornare a persistere sulla ragione sono gli altri.
E mica i soliti rompiscatole che si liquidano con una minaccia di concorso esterno e di complicità con Berlusconi e magari, con Garibaldi. Sono i congiunti del compianto Borsellino, stufi delle pagliacciate di ricerca di sempre nuovi misteriosi potentissimi e copertissimi mandanti, vogliono che, intanto, si faccia un po’ di luce e sia evitato di gettare in un comodo dimenticatoio il “più grave depistaggio di tutti i tempi” con il quale si era voluto arrivare alla condanna di non diciamo degli innocenti, ma di persone che non c’entravano un fico secco, sulla parola di uno strano pentito intermittente, sbugiardato, chiaramente e malamente manovrato.
Mentre la Commissione Regionale Antimafia imbastisce la sua ennesima indagine storiografica sull’assassinio di Borsellino, la Figlia di questi, Fiammetta che già ha detto a Di Matteo, gran sostenitore della tesi depistante, il fatto suo, ascoltata dalla Commissione è scesa in particolari senza peli sulla lingua.
E di qui il grido del Guru!
Non più per imporre Di Matteo quale vincitore di concorsi, per conferirgli l’ubiquità (e l’indennità) che desidera, per fornirgli l’ultimo modello di autoblindata antibomba, per glorificare i suoi interventi illuminanti presso le scolaresche di mezza Italia.
E’ un grido di spavento e di dolore! “Non delegittimate Di Matteo”. Già abbiamo (hanno) con tanta cura costruito questa fantasiosa icona dell’Antimafia. Non “delegittimatelo”!
Verbo scelto dagli sciacalli dell’Antimafia per bollare qualsiasi critica dei loro eroi, dei loro pentiti, dei loro candidati. “Non delegittimateli”. Cioè non togliete loro quella “legittimità” tutta “crostacea”, fatta di assenza e di divieto di ogni critica. Legittimati dal falso, quanto meno per soppressione.
Non abbiamo aspettato che il vento cambiasse per dire quel che pensavano di Di Matteo. L’opuscolo che gli abbiamo dedicato è del 28 settembre 2017.
Non lo vogliamo “delegittimare”. La legittimità gli è conferita da alti Ufficiali del C.S.M., della Repubblica Italiana.
Che farebbero bene, credo a rivedere un po’ il proprio operato. Cioè quello di questo “eroe”.
Noi diciamo e diremo tutti il nostro pensiero. La Verità.
Mauro Mellini