Recensione a cura di Hans Sachs
Dopo aver pubblicato un paio di raccolte di racconti (“La strategia del batticoda” per i tipi di Fazi Editore, 2001; e “Sette Piccoli Fanti” per i tipi di Carabba, 2006), Aldo Di Virgilio torna al suo amato pubblico con “Il codicista”, suo primo romanzo. Ritorno, verrebbe da dire, scoppiettante.
Invero, la prima reazione che si ha durante la lettura di questo libro è quella di sorridere. Sorriso, però, da declinarsi nelle sue varie, per non dire opposte, sfumature: allegro ma, anche, amaro.
Allegro per il tono sopra le righe che l’Autore imprime alla narrazione. Non per nulla, è lo stesso Di Virgilio che, nell’illustrare la sua Opera, ammette di aver (tramite il suo protagonista/alter ego) “richiamato spesso l’attenzione del lettore, rivolgendogli epiteti affettuosi ma, soprattutto, utilizzando lo strumento dell’ironia, che gli (al protagonista, n.d.r.) pare la giusta maniera per alleggerire la negatività dei suoi pensieri.”
Tutto è (volutamente) grottesco. Basti pensare all’intervento dell’Inquisitore che parla esclusivamente spagnolo al pari dei suoi predecessori spagnoli o alla trasformazione degli impiegati in mostri anfibi mitologici causa abbondanti precipitazioni. Che dire? Piccoli grandi colpi di genio!
E veniamo all’aspetto amaro della vicenda. “Palazzaccio” è chiamato da Di Virgilio (che, non dimentichiamolo, nella realtà è funzionario amministrativo), per il tramite del suo protagonista, il luogo ove si svolgono le vicende narrate nel romanzo. Dunque accezione negativa, di disprezzo, che richiama il comune sentire del cittadino quando si riferisce a quell’entità astratta, farraginosa, pachidermica e…costosa che risponde al nome di “Pubblica Amministrazione”. E un esempio della distorsione di quel sistema è il mercato nero messo in piedi dal sottobosco che vive e prospera all’interno del “Palazzaccio”: realtà o finzione?
Ma ciò che preme sottolineare è che Aldo Di Virgilio sa scrivere: quelle che, solo apparentemente possono sembrare a un lettore distratto frasi, vicende, avulse da ogni contesto, in realtà richiedono ragionamento e abilità narrativa per renderle vive.
Sbirciando alcuni suoi appunti, emerge come L’Autore, infatti, non abbia mancato di sottolineare come il Male, quel sentimento pernicioso, strisciante, che appare e scompare in tutto il Romanzo, finisca con lo stravolgere l’uso della lingua, di modo che “Non solo la frase, la sua sintassi, perdono la struttura convenzionale. Il ritmo si spezza, diventa sincopato e persino l’immagine stessa della parola viene alterata. E, infatti, al termine del romanzo, quando il male raggiunge la sua apoteosi, la parola si allunga e si accorcia sul foglio, ingigantisce e rimpicciolisce, assume una forma prospettica; la parola, insomma, diventa tridimensionale, acquista una consistenza fisica, la prendo in mano e la strizzo, la rompo, la piego, la manipolo proprio come fosse un oggetto reale.”
Oltre tutto, a chi sappia scavare nell’Opera in commento, non saranno di certo sfuggite un paio di riflessioni degne di nota. Fra esse, quella inerente la natura del “libro” merita di essere riletta e meditata:
I libri mica scherzano, i libri sono persone serie. (…) Rappresentano il distillato speciale di ogni essere umano, anzi delle persone sono un valido sostituto perché, diciamocelo, le persone nascono per scrivere pagine di formule, teorie, decaloghi, manifesti, direttive; nei giorni dello sconforto le pagine proteggono dalla forza disgregatrice della banalità, del qualunquismo.
Ma, anche, la storia d’amore fra Willy Deville e Trisha Troost non è mai banale; anzi, vi si avvertono echi di quella vissuta da Winston e Julia in “1984” di George Orwell. Ciò a ulteriore testimonianza delle capacità di Di Virgilio.
Che altro aggiungere? Con “Il codicista” i lettori troveranno una lettura altra, diversa, da quella tradizionale ma, proprio per questo, meritevole di essere presa in considerazione e di essere gustata fino all’ultima riga.
«Schopenhauer diceva che le facoltà spirituali sono in stretta simbiosi con i suoni, mentre i rumori disturbano l’attività dell’intelligenza, i rumori assassinano i pensieri».
Quindi, facendo nostre le parole del celebre filosofo, non resta altro che augurare una buona lettura…silenziosa!