Lo abbiamo già scritto ieri: Nino Di Matteo, che sembrava aver acquisito almeno un po’ dell’arte di star zitto e di non mettersi in mostra dopo che, formate oramai le liste dei candidati non c’era da accaparrarsi nemmeno uno sgabello a Montecitorio o a Palazzo Madama, ora che i partiti usciti in posizione di reciproca incapacità di nuocersi dal voto del 4 marzo non riescono a formare un Governo e si apre lo spiraglio di un’ipotesi di “Governo tecnico”, di presidenze e ministeri da affidare a dei “tecnici”, cioè a personaggi di altro mestiere, ha ricominciato ad agitarsi, a correre in giro per l’Italia (con chi sa quali costi per viaggio, vitto e alloggio per la sua scorta più numerosa di quella del Presidenza della Repubblica).
Si agita Di Matteo e ricomincia ad agitarsi la sua tifoseria: “Scorta Civica”, “Agende Rosse” e, adesso direttamente il padrone, azionista di maggioranza del Movimento Cinque Stelle (Casaleggio&Grillo S.p.a.). Tra un po’ risentiremo squillare in chiare (!!??) note il “principio di diritto”: Di Matteo deve essere vincitore del concorso per la Procura Nazionale Antimafia perché è stato condannato a morte dalla mafia.
Principio che transiterà nel diritto costituzionale: “deve essere nominato Ministro perché è stato condannato a morte dalla mafia”.
Così la mafia che si direbbe abbia acquistato il diritto di nomina dei magistrati, acquisterà anche quello di nominare almeno un ministro.
Scherzi a parte (ma non si tratta, poi, di uno scherzo e non solo perché non fa proprio ridere) il magistrato più costoso d’Italia, “collocato” in doppia sede (con indennità di trasferta) e come dovrebbe ritenersi, con doppio lavoro da svolgere, passa il suo tempo a discettare dei sommi principi della politica, della storia e del suo evolversi. E dei rapporti, udite! udite!!! tra giustizia e politica.
Come è noto e come si conviene ad un magistrato esponente della cultura “dell’uso alternativo della giustizia”, Di Matteo sostiene che l’accertamento della verità storica, anzi, lo stesso indirizzo dell’evolversi della storia, competa alla magistratura, attraverso le sue “sentenze”, meglio se passate in giudicato.
Ma questa nuova teoria storico-processuale importa nel pensiero dimattesco una ulteriore funzione e ruolo degli stessi giudicati.
In altre parole: se i “giudicati” fanno la verità storica (esempio: Andreotti, Berlusconi etc.) le “campagne di parte” nella giustizia e nello sfornar sentenze comporta la capacità di indirizzare la storia, stabilirne l’evolversi, gli obiettivi, le conclusioni.
In Campidoglio, alla presenza della povera Virginietta Raggi e del sornione Travaglio, Di Matteo ha espresso questi concetti: che tutti gli uomini politici di un certo livello fossero dei mafiosi lo hanno stabilito delle sentenze (pare passate in giudicato). Ma nel suo ruolo di cittadino, anzi di supercittadino, essendolo, honoris causa, di un centinaio di città, pulsa l’esigenza di andare oltre “da cittadino (cento volte tale, se la modestia glielo consente!!) che ha fatto una determinata esperienza (anzi più esperienze contemporaneamente, con l’indennità di trasferta) nella lotta alla mafia, continuo a sognare una politica (ahi! ahi! ahi!) che sia in prima linea nel contrasto e non al traino dell’azione repressiva della magistratura”.
Già, una politica che sia espressione, figlia ed artefice della storia. Una storia, intendiamoci fatta di sentenze passate in giudicato. Chiaro?
Qui il discorso si ingarbuglia e rischia di tradursi in un circolo vizioso: la verità la stabiliscono le sentenze, ma le sentenze debbono essere precedute, ed, evidentemente, indirizzate dall’azione di una politica fondata sulla verità storico-processuale.
Certo. Sa solo un pochetto di imbroglio.
Ma tutto sta a non abbandonarsi all’astrattezza del pensiero. Guardiamo al concreto.
Al concreto dei sogni: del sogno del dott. Di Matteo Antonino detto Nino. Che, “deve” essere nominato Ministro perché condannato etc. etc. che è quello di “fare” la storia a Via Arenula.
Mauro Mellini
P.S. Oggetto interessante per una interrogazione urgente al Ministro della Giustizia da parte di qualche novello Deputato o Senatore:
“Se sia il Ministro a conoscenza del numero delle volte che il dott. Di Matteo Antonino detto Nino ha messo piede nella sede della Procura Nazionale Antimafia dal giorno della sua travagliata nomina a tale Ufficio”.