(BUFFONI E RISCHIO ATTENTATI)
Si discute, si dichiara, si sussurra, si va al Quirinale e ci si riunisce altrove.
La stampa ci dà notizia di ogni batter di ciglia di uomini della levatura di Di Maio, di Salvini etc. etc. Consensi e, soprattutto dissensi. Programmi niente, tanto, poi, nessuno si ricorda manco quelli che ha sfoderato.
C’è un’informazione sovrabbondante per le cavolate, i giri di parole, le formule e le formulette. Ma ci sono dei vuoti, non tanto nelle materie programmatiche, quanto in relazione ad una trattativa parallela (altro che quella immaginaria del processo ventennale di Palermo!).
Sissignori. Hanno quasi ragione i professionisti dell’antimafia di Palermo che “denunziano la mancata priorità di un programma di lotta alla mafia” cioè di chiacchiere e di retorica dei mafiosi dell’antimafia nelle discussioni per il nuovo governo. Ma il “quasi” è ben più che un’espressione dubitativa. La realtà è che c’è un’altra trattativa, un’altra operazione, un altro “do ut des”, sempre relativo all’ipotesi di governi e ministeri. Di cui la stampa, la televisione, i comunicati ufficiali dei partiti (e sedicenti tali) non fiatano. E’ naturale questo silenzio: meglio farsi ignorare Ed è in qualche modo confortevole: segno che la decenza, la pudicizia ancora contano qualche cosa.
Niente pubblicità, niente informazione mediatica. Ma neppure il segreto.
Non è un segreto infatti, visto che ne scrive con grande rilievo l’organo ufficioso della Procura di Palermo (definizione di Ingroia) “Antimafia 2000” il giornale on line del guru frontecrociato Bongiovanni, un gran lavorio, un susseguirsi di manifestazioni e di incontri “di vertice” (anche se di vertici di stoltezza) proprio sull’argomento antimafia (mafioso-governativo). Incontro in cui, alla presenza del “condannato a morte dalla mafia” (ma deve essere in corso una pratica per un affidamento in prova sostituivo della pena ai Servizi Sociali, magari presso i 5 Stelle!!) Nino Di Matteo, quello che già alcuni mesi fa aveva dichiarato che lui in politica ci si può anche “buttare”, ma solo se lo fanno subito Ministro della Giustizia, dopo una pausa del suo gran da fare in giro per l’Italia degli ultimi anni in cerca di appoggi per la sua carriera (e per l’indennità di trasferta che gli “compete” rimanendo dove sta) e la fine (o la sospensione) dell’operazione “cittadinanze onorarie”, ha ripreso a girare per l’Italia nel tentativo, si direbbe, di promuovere un movimento che, a furor di popolo, lo imponga come ministro (quale che sia la formula di Governo).
A fare la sua sceneggiata e ad emettere alte grida contro la mancata chiacchierata su mafia e antimafia nella “Trattativa” per il Governo, Di Matteo è andato a Roma, in Campidoglio, con quella poverina della Sindachessa Cinquestelle e con Marco Travaglio.
Andrà a Milano. E’ stato ad Ivrea ad una manifestazione organizzata da Casaleggio. E sapere chi c’era? Ad ascoltarlo in prima fila il capo politico (??!!??) del Movimento Cinque Stelle di proprietà della Casaleggio e Grillo S.p.a, Luigi Di Maio ed un certo Alfiero Bonafede erroneamente indicato come candidato Ministro della Giustizia in un Governo Di Maio (ma forse solo ad un sottosegretariato ché il candidato ministro di quelli lì è lui, il cittadino di cento città).
Ognuno discute dei governi da scegliere come vuole e con chi vuole. Un magistrato, però, dovrebbe avere un po’ di riservatezza ed evitare, almeno cattive compagnie.
Con l’aria che tira, tutto è possibile e non è detto che la “Trattativa parallela” dei Cinquestelle con la scheggia impazzita ed i capataz del Partito dei Magistrati non sia più concludente (stavo per dire “seria”, poi mi sono trattenuto per non far ridere i lettori) di quella che si svolge tra i vari partiti, il Quirinale, la stampa.
Ma di tutta questa poco seria ed apprezzabile storia c’è un punto che dovrebbe preoccuparmi di più. E capirete tutti che se non me ne preoccupo non è perché sono un impavido sprezzatore dei pericoli.
Questo girare per l’Italia di Di Matteo, questo presentarsi nientemeno che in Campidoglio, in manifestazioni con un grand’uomo della politica come Di Maio, a parte la violazione del dovere di riservatezza cui dovrebbe essere tenuto ogni magistrato (norma deontologica oramai completamente dimenticata…) costituisce (o dovrebbe costituire se la montatura di un’aureola di impavido martirio creata attorno alla figura del dott. Di Matteo Antonino detto Nino non fosse, qual è, una invereconda bufala), una ragione di allarme e di pericolo per le Città ed i luoghi della sua peregrinazione.
Non era stato “condannato a morte” dalla mafia? E non ci avevano assicurato i mafiologhi che le condanne a morte della mafia non possono essere revocate che dallo stesso boss che le ha pronunziate e che quindi, morto Totò Riina, quella di Di Matteo è da considerarsi definitiva ed irrevocabile? Non ci avevano detto che per accoppare Di Matteo era stato acquistato un bidone di esplosivo, per il costo di 600 mila euro? E che benchè scoperto il bidone l’esplosivo non si era riusciti a trovarlo? E la macchina superblindata col dispositivo anticomandoradio di bombe, costata un pozzo di euro? E la scorta, più numerosa di quelle del Presidente della Repubblica?
O tutto ciò ha rappresentato la più invereconda sceneggiata messa in piedi da una banda di buffoni, tale che non solo un magistrato, ma ogni cittadino perbene, dovrebbe tenere alla larga, appare a Roma, ad Ivrea, a Milano, non è dell’ISIS che ci si deve preoccupare, ma della mafia all’inseguimento dell’improbabile “condannato a morte”.
Di Maio sa il rischio che ha corso a stargli vicino in una manifestazione pubblica ampiamente preannunziata?
La più clamorosa buffonata di tutti i tempi è sotto i nostri occhi. Ed è materia con la quale si “tratta” per il nostro Governo, per la nostra povera giustizia.
Non so se dobbiamo avere più paura delle bombe, non solo, ovviamente, quelle che non ci sono, ma quelle d’altra matrice, quelle che, per troppo parlare che se ne è fatto potrebbero, alla fine venir fuori, o, invece delle buffonate, dei buffoni, dei profeti di sé stessi. Ne abbiamo fatto l’esperienza. Basta!!!
Mauro Mellini
P.S. A quanti ne facciano richiesta (avv.mauromellini@gmail.com) potrà essere inviato on line all’indirizzo da essi indicato, l’opuscolo di M. Mellini “Cittadino di Cento Città” – La condanna a morte immaginaria di un magistrato realmente esistente, il più costoso d’Italia, la sua apoteosi tragicomica ed un progetto politico assai pericoloso.