“Penso che ci siano assolutamente tutti i termini perché” la riforma delle carceri sia conclusa entro fine anno questo è anche il sistema per affrontare in modo strutturale una questione, che più volte abbiamo dovuto affrontare in passato, che è quella del rischio di condanne del nostro paese da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo” .
Così il Ministro Orlando intervenuto a Storiacce di Raffella Calandra, su Radio 24 si esprime in merito alla riforma delle carceri e aggiunge: “La prima Trance dei provvedimenti è già alla Presidenza del Consiglio, quindi compete al Presidente del Consiglio definire l’ordine del giorno. il Ministro poi prosegue: “Io non credo che si debba temere in termini di consenso perché penso che si debba e si può spiegare all’opinione pubblica che un carcere che funziona male è un carcere che genera insicurezza, dove aumenta la recidiva e dove alla fine i soldi spesi dai contribuenti rischiano di alimentare più la spirale criminale che non un percorso di rieducazione e di reinserimento.”
Andrea Orlando poi spiega: “Naturalmente ci vuole anche una capacità di riconoscere quando c’è un ravvedimento, quando c’è una capacità di rimettersi in gioco e quando non c’è e questo è l’impianto che abbiamo cercato di dare alla riforma, quindi nessun elemento di cancellazione della responsabilità, ma viceversa una più forte definizione delle responsabilità del detenuto, ma anche di chi deve valutare il suo comportamento e io credo che sia un elemento di civiltà che viene ad essere conquistato, ma è anche un elemento a tutela di una comunità che deve essere sicura e per questo deve poter esigere un carcere che funziona meglio”
Lo Stato si distingue dalla mafia col rispetto dei diritti fondamentali
“Penso che lo Stato si debba distinguere dalla mafia anche per il modo in cui tratta gli individui rispetto ai diritti fondamentali della persona che non sono soppressi neppure quando ci si trova di fronte al più esperto dei criminali”. Con queste parole, il ministro della Giustizia- Andrea Orlando – intervistato per la trasmissione Storiacce – rivendica la decisione di concedere un permesso speciale ai familiari di Riina, per poterlo raggiungere poco prima della morte. “Nel momento in cui ci si avvicina al momento della morte credo che l’elemento dell’umana pietà debba caratterizzare l’azione dello stato democratico, non solo perché è giusto ma anche per distinguersi appunto da chi pietà non l’ha avuta nel corso di tutta la sua esistenza”
41bis non funziona? Assurdo
Sull’allarme lanciato da un sindacato di polizia penitenziaria, ora che si discute della successione di Riina, che i boss facciano uscire dal carcere messaggi, il Ministro commenta: “Stiamo parlando di una cosa assurda perché o il 41 bis non funziona, e allora andava denunciato quando non funzionava, ma non è che rischia di funzionare meno dopo la morte di Totò Riina” e sottolinea: “Noi non abbiamo elementi per dire che il 41 bis sia diventato più permeabile rispetto al passato. E’ uno strumento che sta funzionando, è uno strumento che ha consentito di isolare i boss all’interno del carcere. Dobbiamo semplicemente manutenerlo e mantenere quell’impianto, non abbiamo specifiche misure da assumere in ragione di un fatto” e prosegue sottolineando che “Nessuna indagine mette in evidenza questa eventualità che è stata denunciata, tra l’altro, soltanto da una sigla sindacale. Il 41 bis è pensato, studiato e gestito in modo tale da evitare anche che situazioni di stress lo possono mettere in discussione, quindi noi non abbiamo nessuna segnalazione del fatto che il 41 bis in qualche modo sia diventato meno efficace rispetto al passato e né che vada in crisi sulla base di eventi di carattere straordinario”
Per il ritorno in libertà dei mafiosi possiamo solo controllare con le forze di polizia.
“È un tema reale che mi è stato posto anche dalla magistratura palermitana, cioè il fatto che dopo aver scontato la pena, alcuni importanti capi di caratura criminale molto elevata si ritrovano sul territorio. Bisognerà vedere se hanno mantenuto ancora quella forza che avevano quando sono andati in carcere. Però è anche vero che non c’è nessuno strumento, se non quello dell’attività di prevenzione di controllo sul territorio, che ci consenta in qualche modo di privare della libertà una persona che ha espiato la sua pena. Semmai c’è da chiedersi se le pene sono adeguate, noi in alcuni casi siamo intervenuti per aumentarle.” Così il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, in merito alla questione del ritorno in libertà dei mafiosi e aggiunge: “E’ un tema reale che non si può risolvere con un provvedimento specifico, bisogna utilizzare tutti gli strumenti di cui disponiamo quindi l’attività delle forze di polizia, la magistratura in funzione di attività di prevenzione e quant’altro prevede il nostro ordinamento”.
Parla, come chi spera che la mafia sia una invenzione !