Ismail Kammoun, tunisino di 55 anni, condannato per l’omicidio dell’ex poliziotto Serafino Ogliastro, ha approfittato di un permesso premio dal carcere di Volterra (Pisa) per evadere. Un delitto di mafia, quello di Ogliastro, sul quale non si è mai potuto – o forse voluto – far piena luce, visto che dal momento della sua scomparsa, avvenuta il 12 ottobre 1991, le ipotesi sul movente – o meglio i tentativi di depistaggio – allontanarono gli inquirenti da quella che poi diventerà una parziale verità accertata.
Serafino Ogliastro era stato sequestrato e ucciso dalla mafia, perché si era vantato di sapere – o meglio, aveva espresso un’opinione in merito – chi potesse essere il killer che aveva ucciso il mafioso Filippo Quartararo.
Dopo sette anni di silenzio, a rompere il muro dell’omertà, nell’ottobre del 1998, autoaccusandosi di quel delitto, era stato Salvatore Grigoli, uno dei killer più spietati di Cosa Nostra, autore di numerosi omicidi, assassino reo confesso di don Puglisi, implicato nelle stragi di Firenze e negli attentati di Roma.
L’ex poliziotto era stato strangolato e il suo corpo fu fatto sparire. Una vittima innocente di mafia, il cui corpo non è neppure stato restituito alla famiglia per avere degna sepoltura.
Angela Ogliastro, sorella di Serafino non si è data pace. Angela, così come lo era stato il fratello, è in Polizia anche lei.
Grigoli infatti afferma di non sapere che fine hanno fatto i resti di Serafino ma ogniqualvolta Angela stimola la ricerca del corpo del fratello, lui, l’assassino, accusa la poliziotta di andargli contro.
Cosa infastidisce così tanto Grigoli da reagire contro i familiari di una sua vittima che chiedono soltanto di potere piangere i resti del loro congiunto?
La scomparsa di Serafino per Angela si è trasformata in qualcosa di ancora più doloroso della sola perdita di un affetto. Secondogenita di quattro figli, dei quali il più grande era Serafino, Angela si è fatta carico della pesante eredità che il fratello aveva lasciato. I genitori, chiusi in un dolore riservato e dignitosissimo, continuarono a portare avanti la loro vita come potevano, vivendo nel ricordo di quel figlio svanito nel nulla. I fratelli più piccoli di Angela intanto crescevano e con loro la speranza di poter fare un fronte compatto in risposta a quell’improvvisa scomparsa che aveva seminato dolore e disperazione nella famiglia, ma che non era riuscita a distruggere la forza di quella giovane donna, all’epoca ventottenne.
Oggi possiamo dire che quello che la mafia non è riuscita a fare, lo sta facendo lo Stato che premia i cosiddetti “pentiti” (dimenticando le decine o centinaia di omicidi commessi e permettendo lor di usare toni minacciosi nei riguardi di chi chiede solo giustizia) e che offre permessi premio a ergastolani autori dei crimini più feroci.
Ismail Kammoun, è solo l’ultimo esempio in ordine di tempo, di belve lasciate uscire dalle gabbie per poter tornare a nuocere alla società.
Kammoun, che era stato condannato nel 2002 per aver assassinato insieme ad altre due persone l’ex poliziotto, grazie al “premio” è adesso uccel di bosco.
Nel 2016 dalle carceri italiane sono evasi 6 detenuti. Molto più alto il numero di chi ha approfittato di licenze premio (34 evasioni) o durante le ore di lavoro esterno (23 evasioni).
Cosa rimane ai familiari di Serafino Ogliastro, se non il chiedersi chi ha pagato per la morte del loro congiunto, all’epoca appena trentunenne.
Tra pentiti e licenze premio, con possibilità di evadere, l’Italia sembra essere diventato il paese di Bengodi di ogni criminale.
Forse non è un caso se belve come Igor il russo, alias il killer di Budrio, hanno lasciato lunghe scie di cadaveri alle loro spalle. Mal che vada, se venissero arrestati, potranno sempre sperare in una licenza premio che riapra loro le porte del carcere, con buona pace per le loro vittime precedenti e per tutti coloro i quali, per elevato senso del dovere, potrebbero pagare con la propria vita il tentativo di ostacolarne la fuga.
Tanto, chi fa le leggi, non si troverà mai a dover intervenire per fermare queste bestie sanguinarie…
Gian J. Morici