Ho sbagliato nel formulare una spiegazione del concitato e, come tale, ancor meno opportuno e ragionevole, gran da farsi di Grasso, il magistrato paracadutato ad occupare il seggio della Seconda Carica dello Stato (ho già usato questa definizione e non c’è motivo per non continuare ad usarla) che non perde occasione per metter becco, per lo più a vanvera, dove e quando non gli si dovrebbe chiedere che di tacere.
Grasso “spera” e ci dispensa le sue speranze.
Spera che venga fuori, (che bellezza!) che ad assassinare Falcone “non fu solo mafia”, come dire che fu un assassinio di Stato, della C.I.A., dei Servizi Segreti deviati italiani o, perché no, della Massoneria deviata, “utilizzando la mafia”. Un modo per certi personaggi di onorare la memoria delle vittime.
Spera che venga fuori un pentito, di mafia o di Stato, che “sveli” tutto l’auspicabile “complotto”. E “spera” che la sciagurata baggianata dello “jus soli” vada in porto entro l’anno cosa che equivale a dire “intanto, fino alla fine dell’anno resto sulla mia poltrona”. E, poi ha preso le difese dei Vescovi che si sono pronunziati per lo jus soli, con l’argomento, dei classici cavoli a merenda, che la Chiesa è sempre stata dalla parte dei deboli.
Grasso è, dunque un uomo di belle speranze. Proprio per questo avrei dovuto essere meno “minimalista” per quanto riguarda i motivi e quindi, il vero oggetto del suo sperare.
Grasso a fare il Presidente del Senato ci ha preso gusto, come si suol dire. Ma non è di tornare a farlo in una legislatura a venire che lo preoccupa e lo spinge a straparlare. Uno che spera non si accontenta così facilmente. Come un volta disse Orlando, quello serio, Vittorio Emanuele, cui proponevano di tornare a fare il ministro della giustizia in un nuovo governo “Non voglio ripetere la classe”… Anche Grasso non ritiene di fare al più, il “ripetente”.
Si è fatto intervistare da qualcuno che gli ha chiesto se non si ritenga l’uomo giusto per il Quirinale. Ha risposto con una frase con la quale non si capisce bene se voleva dire che ha l’età adatta per traslocare sul Colle o se ritiene, modestamente di voler tempo per pensarci.
Così il Partito dei Magistrati o la sua frazione che vuole l’occupazione senza indugio delle altre Istituzioni, punta in alto.
Ma non è un fatto nuovo. Al tempo di “Mani Pulite” comparve, mi pare sul Corriere, un servizio particolarmente e sfacciatamente leccapiedi sugli “Uomini di Mani Pulite” e sui loro destini politici. C’era una foto di Borrelli a cavallo (la sua passione per l’ippica era nota) e di lui si diceva non che dovesse darsi all’ippica ma che era l’ideale come inquilino del Quirinale.
Scrissi in proposito che questa dichiarazione del giornalista per un “presidente a cavallo”, dopo la parentesi degli Einaudi, Gronchi, Segni, Leone etc. era segno del ritorno al mito dei Capi di Stato e di governo della Monarchia e del fascismo, quando i Re (compreso Re Pippetto di cui a cavallo si notava di meno la bassissima statura) ed il Duce (con in pugno la spada dell’Islam) amavano essere fotografati e immortalati nel bronzo a cavallo e la gente vedeva i suoi capi preferibilmente “a cavallo”. E, aggiungevo che mi sembrava un po’ scortese fare pronostici del genere quando ancora al Quirinale c’era un Presidente che doveva restarci per un bel po’.
Accadde, non so come (era pubblicato su Giustizia Giusta in un numero o stampa) che Scalfaro, mi telefonasse al C.S.M., dove allora io ero componente, dicendomi “Sono un Prrrresidente a piedi!!!”.
A Scalfaro è succeduto Napolitano. Ed a questi, Mattarella. Tutti Presidenti a piedi. Non è, dunque, questione di propensioni ippiche.
Per quanto sia irriguardoso, si può ipotizzare un futuro in cui il peggio come nel pessimistico proverbio, debba sempre venir dopo.
A cavallo? C’è chi cavalca destrieri e chi i propri sogni e la cattiva speranza. E straparla.
Mauro Mellini