Quaranta anni fa ero un ragazzo, ma come tutti quelli che hanno la sfortuna di vivere in un’epoca difficile mi ricordo benissimo le vicende di quegli anni.
Le vivevo quotidianamente sulla mia pelle, dai licei perennemente occupati, alla polizia e ai carabinieri sempre per strada con le armi spianate, controlli continui.
L’apice sarebbe arrivato un anno dopo, con il sequestro Moro, ma il ’77 non fu certo un anno tranquillo.
Sulla morte di Giorgiana Masi non ci sono certezze, o meglio non è stato possibile accertare chi avesse sparato il proiettile che la uccise.
Ma alcune cose si sanno, ed è giusto ricordarle. Dopo quaranta anni si può tentare di fare più storia e meno polemica.
– Giorgiana era una ragazza come me, solo un po’ più grande, andava ancora al liceo. Era al corteo con il suo ragazzo, come tanti ragazzi che in quegli anni provavano un moto di ribellione verso l’autorità. Ma non era una terrorista, né una persona particolarmente impegnata nell’attivismo politico. Era una ragazzina di poco più di 18 anni capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
– Il Ministero dell’Interno, e tutte le strutture di comando civili e militari italiane erano in mano alla P2 e a Gladio, a partire da Cossiga. L’Italia, in un momento in cui il PCI era ben oltre il 30% dei voti e i movimenti studenteschi e operai erano in fase di sommossa, era sotto stretta osservazione da parte degli USA e di fatto a sovranità limitata
– Il PCI, e la CGIL avevano fatto una scelta netta di campo: stare con lo Stato per un’eventuale alternanza democratica e non affidata alle armi. Sebbene con lentezza e con molte torsioni, Berlinguer si era affrancato da Mosca, e aveva appoggiato ripetutamente le scelte governative, fino ad arrivare poi al compromesso storico che avrebbe avvicinato il PCI al governo del paese.
– Il Governo aveva vietato manifestazioni fino a fine maggio, a seguito di sommosse e tafferugli con feriti, lanci di fumogeni etc. A Roma, in quei giorni, era vietato manifestare.
– Pannella e il Partito Radicale, volutamente e provocatoriamente, organizzarono per il 12 maggio una grande manifestazione, assolutamente senza motivo, per celebrare i tre anni dalla vittoria del referendum per il divorzio. E’ evidente che la manifestazione serviva solo a mettersi in opposizione con il Governo, e che fosse in qualche modo una prova di forza, o comunque un tentativo di raccogliere intorno al Partito Radicale quella sinistra che non si riconosceva nell’atteggiamento “lealista” del PCI
– Da questo punto di vista la manifestazione fu un successo, moltissime persone aderirono, per la stragrande maggioranza pacifiche, ma come prevedibile a tutti (tranne a Pannella) si unirono anche frange di autonomi, armati di pistole e molotov.
Il Governo si predispose a reggere l’urto dei manifestanti illegali con circa 5.000 uomini
– Il Ministero dell’Interno mentì sia sulla presenza di poliziotti in borghese (presenti in massa) sia sulle dotazioni dei poliziotti in divisa e non, sia sul fatto che non usarono le armi ma solo i lacrimogeni. Ci sono prove video e fotografiche che documentano sia i colpi sparati ad alzo zero dalla polizia, si la dotazione di armi non previste e quindi non tracciabili, come revolver e altro. E’ un fatto che quel giorno la polizia sparò contro i manifestanti.
– I primi a sparare furono gli autonomi, che procedettero prima con lanci di molotov e poi ferirono un poliziotto, in maniera non grave
– Dopo l’evento luttuoso Ministero, manifestanti, radicali si accusarono l’un l’altro. Anche se non si sono trovate né l’arma del delitto, né prove a supporto è plausibile ritenere che la Masi fu uccisa dai colpi sparati dalla polizia, ma nessun processo è stato di fatto istruito.