Una ricerca della Ghent University dimostra quanto l’analisi dell’universo dei social network sia ormai parte integrante del lavoro di recruitment e di quanto un curriculum ben curato sui social media potrebbe aiutare a trovare lavoro
Potrebbero pensarla diversamente gli impiegati che sono stati più volte ripresi dai propri superiori per aver utilizzato Facebook durante l’orario d’ufficio, eppure è proprio così: il social network di Mark Zuckerberg è uno strumento da non sottovalutare per migliorare la propria carriera professionale.
Con i suoi 1,9 miliardi di utenti registrati, Facebook è infatti diventato parte integrante della presentazione di un professionista. È un dato di fatto: oltre ad analizzare il curriculum vitae, la lettera di presentazione e le referenze di un candidato, i cacciatori di teste oggi giorno non perdono l’occasione di soppesare anche la presenza online di ogni singolo aspirante, con un occhio di riguardo per il suo profilo sul social in blu.
A dimostrare ancora una volta l’importanza di Facebook nel processo di ricerca e di selezione del personale è stata una ricerca di Stijn Baert, del dipartimento di Social Economics della Ghent University, in Belgio, pubblicato sulla rivista scientifica New Media & Society.
Per verificare l’importanza che il mondo del recruitment riconosce a Facebook, il team di Baert ha inviato due finte candidature estremamente simili tra loro a 1056 offerte di lavoro tra quelle pubblicate da un’agenzia di collocamento delle Fiandre tra il 2013 e il 2014.
In una delle due finte candidature, la fotografia del candidato non era presente sul curriculum, ma era invece agevolmente rintracciabile su Facebook. Le fotografie collegate alle finte candidature sono state 4, e ognuna di esse era classificata – in base ad uno studio precedente – su diversi livelli di attrattività: una presentava un volto estremamente piacevole, estroverso ed attraente; un’altra esprimeva esattamente le sensazioni opposte; le altre due immagini, invece, trasmettevano sensazioni ‘neutre’.
Ebbene, come ci si poteva immaginare, il finto candidato con la fotografia più attraente su Facebook – a parità di curriculum vitae – ha ottenuto il più alto numero di contatti, arrivando al 38% delle risposte, con risultati perfino superiori nei casi in cui il suo curriculum è finito tra le mani di un selezionatore del sesso opposto.
Un bell’aspetto esteriore, dunque, può premiare anche sul lato lavorativo: ma questa non è di certo una novità assoluta. Ma questo studio ha però evidenziato altre grandi verità. Come ha voluto sottolineare Baert nelle sue conclusioni, i dati dimostrano infatti che i social network hanno rivoluzionato il modus operandi dei recruiter, i quali, per avere un quadro più completo dei candidati, analizzano sistematicamente la loro presenza online.
“Grazie alla rete, oggi chi si occupa di recruiting ha moltissime armi in più” ha spiegato Carola Adami, founder e Ceo di Adami & Associati (www.adamiassociati.com), società specializzata in ricerca di personale qualificato per Pmi e multinazionali, aggiungendo che “gli stessi social network devono essere sfruttati a proprio vantaggio anche dai candidati”.
Un singolo post su Facebook potrebbe attirare l’attenzione di un cacciatore di teste, ma allo stesso modo un aggiornamento infelice potrebbe far sfigurare un candidato agli occhi di un recruiter: un buon mantra, dunque, è quello di pensare sempre due o tre volte prima di pubblicare qualcosa sui propri profili online».
«Facebook, Twitter e Instagram non sono solamente dei modi simpatici per restare in contatto con i propri amici» ha sottolineato Carola Adami. «Tutti quanti dovrebbero infatti iniziare ad osservare i propri profili con gli stessi occhi con cui potrebbe guardarli un ipotetico datore di lavoro».
Ma una bella foto profilo non è di certo l’unico fattore che entra in gioco nel processo di ricerca di lavoro.
«Per prima cosa è fondamentale registrarsi sui social network con il proprio nome vero, per non destare dubbi sulla propria serietà». Oltre a questo, la presenza online di un candidato deve essere quanto più coerente possibile con l’immagine delle aziende in cui si vorrebbe entrare: postare l’intero album delle proprie vacanze a Rio de Janeiro, dunque, potrebbe non essere una grande idea.
E se proprio non si vuole rinunciare a pubblicare i propri momenti di maggiore intimità o di baldoria, è comunque consigliabile controllare le impostazioni della privacy del proprio profilo, di modo che alcune delle proprie foto e dei propri status restino visibili solamente ad una ristretta cerchia di amici.
E voi, vi assumereste dopo aver guardato i vostri profili social?