Il pentito Daniele Sciabica – che si era autoaccusato di quattro omicidi e un agguato fallito con tre feriti – sarebbe pronto a fare nomi di personaggi importanti.
Gli omicidi avvennero nell’ambito della guerra di mafia tra Cosa Nostra e Stidda che negli anni ‘80 e ‘90 insanguinò in particolare la provincia agrigentina e quella nissena, quando lo Sciabica faceva parte del clan stiddaro dei Grassonelli.
Una storia complessa quella delle dichiarazioni dello Sciabica, il quale dopo essersi autoaccusato degli omicidi di Antonio Messina , Giuseppe Messina e Gerlando Messina, rispettivamente nonno, padre e zio del boss Gerlandino Messina, nonché per quello di Pietro Gambino, aveva tentato di sottrarsi alle conseguenze delle proprie dichiarazioni facendo ricorso al fatto che “l’estradizione dalla Germania fu concessa per altri motivi che nulla avevano a che vedere con questi fatti”. Sciabica infatti era stato condannato all’ergastolo per un omicidio commesso in Germania e aveva poi chiesto di essere trasferito in Italia per scontare il resto della pena ai sensi della Convenzione sul trasferimento dei condannati.
Nella primavera del 2015, la decisione di “non luogo a procedere per mancanza delle condizioni di procedibilità” venne assunta dal Gup di Palermo Guglielmo Ferdinando Nicastro, il quale aveva accolto l’eccezione formulata all’udienza precedente dall’avvocato Monica Genovese – difensore del pentito – nonostante una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (Seconda Sezione), seduta del 21 ottobre 2014, nel rigettare una richiesta dello Sciabica in materia di trattamento a seguito dell’estradizione, metteva in evidenza come lo stesso Sciabica nel chiedere di essere trasferito in Italia per scontare il resto della pena ai sensi della Convenzione sul trasferimento dei condannati, avesse accettato le conseguenze legali che sarebbero potute derivare dal suddetto trasferimento, in particolare quelle che autorità giudiziarie italiane potessero avviare un procedimento penale contro di lui, giudicarlo e privarlo della libertà personale per un altro reato diverso da quello per cui era stato condannato.
A risolvere la questione è stata la Dda, che come già avvenuto in precedenza con la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, ha evidenziato che quello di Sciabica non è stato un caso di vera e propria estradizione, ma di “trasferimento ai fini della espiazione della pena”, e ha istruito un nuovo processo dinanzi al giudice dell’udienza preliminare di Palermo, Lorenzo Matassa.
Sciabica – che ha chiesto di essere giudicato con il rito abbreviato – nel corso di una videoconferenza durante la quale ha chiesto tutele per la sua famiglia e per sé stesso, si è detto pronto a parlare di personaggi importanti e significativi siciliani e nazionali.
Se le garanzie di maggiori tutele richieste dal pentito dovessero essergli accordate, già il prossimo 2 febbraio, data per la quale è prevista la requisitoria, Sciabica potrebbe fare le dichiarazioni che riguarderebbero noti personaggi siciliani e del panorama nazionale.
Gian J. Morici