Esibendosi a “Maurizio Costanzo Show”, Nicola Gratteri, Procuratore Aggiunto di Reggio Calabria, ha fatto l’apologia dei suoi libri, in particolare di “Padrini”, spiegando che è molto letto nelle carceri.
Pare che molti imputati in processi di mafia, a domanda dei P.M. su dove avessero appreso della scala gerarchica delle mafie, hanno risposto di averlo appreso dai testi del Procuratore (cioè di lui).
Poiché a “parlare” e “rivelare” le scale gerarchiche non sono certo i mafiosi omertosi, ma i c.d. “pentiti”, questo significa che i pentiti “rivelano” quello che “apprendono” dai magistrati “antimafia”. Magari dai loro libri.
E’ cosa che abbiamo sostenuto da anni: frutto di un “circolo vizioso” del tipo già rilevabile dei trattati sulla conduzione dei processi alle streghe (Mallea maleficarum). Involontariamente Gratteri ci dà ragione.
Gli sfugge evidentemente il significato grottesco di quello che scrive.
Così nascono le farneticazioni nelle “massomafie”, le gerarchie politico-mafiose. E molte altre “verità”, risultanti “dai verbali”.
I mafiosi, i pentiti, le apprendono dai magistrati, i magistrati, esperti del ramo, le apprendono dai pentiti.
E, poi, magari, tutti ne informano Renzi, ed il povero Orlando…
Se farò una seconda edizione di “Nelle mani dei pentiti” dovrò ricordarmi di questa gustosa informazione.
Mauro Mellini