LA RAGGI “TIENE FAMIGLIA”?

VirginiaRaggiIl primo gesto di Virginia Raggi, eletta Sindaco di Roma Capitale, è stato quello di mettere seduto sul suo scranno di prima cittadina dell’Urbe, il figlioletto, che in mezzo a quel gran casino, da bravo è rimasto senza mettersi a scalciare, a frignare o gridare. Bene educato ed ubbidiente, come, magari, non sarà facile siano gli Assessori della Giunta stellare.

Il gesto della neo-sindachessa, variamente valutato e commentato, è sicuramente valso a dare un tono di ulteriore originalità alla cerimonia di insediamento della prima Sindachessa della Città di Romolo, dei Cesari e dei Papi. Di una storia nella quale mancarono le figure femminili, dovendosi, per trovarne di rilevanti, risalire a Marozia, che Dio scampi.

La brava Raggi, insediando simbolicamente “er pupo” al suo posto, come si fa, magari mettendolo per una foto al volante della macchina nuova, ha voluto sottolineare le molteplici “novità” della sua nomina. Sindaco Donna. Ma Donna sul serio, una mamma. E la mamma è sempre la mamma, anche con la fascia tricolore d’origine giacobina a tracolla.

Esibendo ed, anzi, “mettendo avanti”, “er pupo”, la nostra Virginia ha poi voluto sottolineare di essere “la signora della porta accanto”, della “famiglia dell’ombrellone vicino”, mica l’avvocatessa, magari un tantino saccente, di assai più difficile impatto con gli ancestrali residuati del machismo romanesco.

Insomma, come trovata, veramente buona.

Anche troppo, perché ha messo decisamente in ombra il discorso che la Raggi ha poi tenuto, nel quale avrà detto chi sa quante belle cose.

Vi sono però lati meno facilmente esaltanti dell’evento materno-capitolino.

L’esibizione del figlioletto, è, infatti, un gesto in sé e per quel che ha sempre rappresentato nella storia, più maschilista che femminista. E, fin qui niente di eccessivo, anzi. Ma anche un’espressione dell’ereditarietà del potere, del feudo, della regalità: insomma tutto, fuorché “cinquestelle”.

Oramai un secolo e mezzo fa un altro pargolo, figlio ed erede del potere, fu esibito al Popolo romano, che ne andò, così dalle cronache, in visibilio.

Il futuro Vittorio Emanuele III, ancora bambino, in divisa da soldatino, forse da generaletto, apparve a cavallo accanto al padre, il baffuto Umberto I, il “Re buono”, (che tanto “bono” non era proprio) in una parata militare.

Gesto pieno di significati. Il padre di Umberto, Vittorio Emanuele II, aveva detto “a Roma ci siamo e ci resteremo” (cioè non lo aveva detto affatto: Arrivato a Roma in carrozza scese a sgranchirsi le gambe, con gesto poco regale, e disse “i suma’”: “ci siamo”, è finito questo viaggio tormentoso. Ma gli storici “abbellirono” ed empirono di alti significati queste parole.

Comparendo avanti ai Romani con l’angusto pargolo, Umberto dava al paterno (putativo) “ci resteremo” un significato ulteriore, di generazioni e generazioni. Poi è andata come è andata.

Ma torniamo alla brava Raggi, che credo sia difficile abbia voluto ispirarsi nientemeno che ad Umberto I. E che certo non avrà voluto presentare ai Romani il figlioletto (già, come si chiama?) come un successore, come “er principino” (così a Roma il principe ereditario, anche adulto).

E’ più probabile che, invece, a suggerirle questa bella trovata sia stato Papa Francesco, che di gesti eclatanti ed accattivanti delle folle se ne intende, nel colloquio con la famiglia della neo-sindachessa di un paio di giorni prima.

Beh, che Papa Bergoglio le abbia detto proprio di portarsi il pargolo, oltre che a quella udienza solenne, anche all’insediamento capitolino, e di fargli “provare” l’alto scranno, forse è un po’ troppetto.

Può darsi, invece che le belle parole che il Romano-Argentino Pontefice le avrà sicuramente rivolto sulla famiglia etc. etc. abbiano stimolato l’originalità mediatica di Virginia.

La famiglia! Ecco, non si tratta dunque di un gesto, di un segno dell’antica, antidemocratica esaltazione dell’ereditarietà del potere! Si tratta di un richiamo alla famiglia. Che la Raggi abbia voluto farci capire che non è questione di stelle, ma che lei, anche lei, “tiene famiglia”? Può anche darsi. Ma se è così, in fondo, non ce ne sarebbe stato proprio bisogno.

Speriamo di no.

 Mauro Mellini

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