Negli ultimi tempi, grazie ai social media, ai mezzi di stampa, ai telegiornali, veniamo sempre più informati quotidianamente sui pericoli nascosti in ciò che mangiamo. Si parla tanto dei rischi legati all’olio di palma, un elemento molto utilizzato soprattutto dall’industria dolciaria, a cui in molti associano un alto potere cancerogeno, e che da tante parti si vorrebbe abolire del tutto.
Nei mesi scorsi poi è stato lanciato l’allarme riguardo il consumo delle carni rosse, il cui elevato utilizzo aumenterebbe, secondo alcuni esperti, il rischio di contrarre gravi patologie intestinali. Si è parlato molto anche delle farine, utilizzate per la produzione di pasta e pane.
Alcune trasmissioni come “La Gabbia” hanno evidenziato, oltre alla dubbia provenienza del grano con cui vengono prodotte, anche la presenza di metalli pesanti in esse dovuta probabilmente alla prolungata permanenza nei silos di deposito. Si parla troppo poco di un’altra questione, che passa tante volte in secondo piano nei Tg o sui giornali. Una vicenda che potrebbe portare seri rischi per tutta l’Europa. Un pericolo grande e reale, ma di cui non si vuole parlare molto, anzi si preferisce tenere quanto più possibile nascosto all’opinione pubblica. Il pericolo si chiama TTIP, acronimo di Transatlantic Trade and Investment Partnership (tradotto Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti), ossia un imponente trattato di libero scambio di merci di vario genere e prodotti alimentari tra Europa e Stati Uniti, senza alcun vincolo doganale, e senza alcun limite o restrizione dovuta alle normative europee.
Libero scambio totale. Ma cosa potrebbe arrivare sulle nostre tavole (e non solo) a nostra insaputa? Che tipo di alimenti provenienti dagli Stati Uniti (e non più solo dalla sicura Europa) rischiamo di trovare nei nostri piatti? Basti pensare ad alcuni dati.
Gli allevamenti americani sono soggetti a normative meno rigide e differenti da quelle europee in tema di gestione del bestiame e sicurezza del ciclo produttivo. Gli allevatori americani possono utilizzare regolarmente ormoni o antibiotici per aumentare velocemente la crescita degli animali (soprattutto per quanto riguarda mucche e manzi) e ridurre così di molto i costi di allevamento. Questo trattamento non è invece consentito in Europa (l’uso degli antibiotici è consentito solo quando siano necessari per guarire o proteggere l’animale, mai per farlo crescere).
E’ consuetudine da parte degli allevatori americani inoltre, trattare e sterilizzare la carne di pollo con cloro o varechina (in Europa tale trattamenti non sono permessi, in virtù anche del fatto che conta rispettare specifici standard sanitari durante il ciclo produttivo, e non sul prodotto finito.
Negli Stati Uniti vige il contrario, non ci sono specifiche norme da rispettare durante la produzione, conta che l’alimento venga trattato e controllato una volta pronto per il consumo). Ciò però genera il forte rischio di ingerire, al momento del consumo di tali carni, particelle residue di tali componenti tossici.
Tale trattamento potrebbe anche provocare reazioni chimiche indesiderate con gli elementi già presenti sulla pelle dell’animale. Come se non bastasse, negli Stati Uniti non esiste nemmeno l’obbligo di indicare sull’etichetta dei prodotti la presenza di elementi ogm, mentre in Europa è categorico specificarne l’eventuale presenza nei singoli alimenti.
Non è un caso che l’ importazione di carne americana è da molti anni osteggiata in molte parti del mondo, nel continente asiatico in particolare. Questo è tutto quello che rischiamo di trovare un giorno nei nostri piatti, ormoni, ogm non dichiarati, residui di cloro e varechina.
Veleno. Morte. Questo è il TTIP, un affare per pochi, un pericolo enorme per tantissimi. Ma i rischi non sono limitati all’industria alimentare. Il TTIP riguarderà il libero scambio anche di altre merci, tra cui i cosmetici, e anche qui i pericoli per la salute sono notevoli.
Basti pensare che, mentre in Europa più di mille sostanze sono considerate cancerogene e non utilizzabili nell’industria cosmetica, negli Stati Uniti D’America invece ne sono riconosciute appena una decina. Non meno polemiche e preoccupazione suscita la clausola ISDS ( Investor State Dispute Settlement, ovvero Risoluzione delle Controversie tra Stati Investitori) stabilita da tale trattato, che consentirebbe alle imprese di ricorrere a un collegio arbitrale internazionale contro quegli Stati che volessero impedire il consumo dei loro prodotti, e non volessero rispettare tale trattato, o li dichiarassero non in regola con le loro normative.
Cio significa che, una volta approvato, nessuno stato potrà tirarsi indietro dall’accettare il libero accesso di tali prodotti, anche se nocivi, pena essere querelati e rischiare anche un pesantissimo risarcimento danni. Oltre il danno la beffa.
Ma non è tutto. Questa clausola, impedendo il ricorso ai sistemi giudiziari nazionali, potrebbe mettere le grandi multinazionali nelle condizioni di ricattare (con qualsiasi pretesto) quegli stati più piccoli e poveri, che ricaverebbero un danno economico da un ricorso presso un arbitrato internazionale, costringendoli a seguire le loro politiche di una sempre più estesa pubblicità del marchio e dei loro prodotti, per non rischiare di incorrere in tale problema. E’ chiamata “Regulatory Chill”, in realtà si tratta di un ricatto vero e proprio, che potrebbero esercitare le multinazionali contro diversi stati. L’ennesima contraddizione che potrebbe scaturire da tale trattato.
Nel frattempo i negoziati per l’accordo proseguono nel silenzio più assoluto, ed emerge il chiaro intento di più di un governo europeo (compreso il nostro: Renzi ha sottolineato l’importanza del TTIP, definendolo una “scelta strategica”) di portare a conclusione la stipula di tale accordo, costi quel che costi. Dietro ciò anche indubbi vantaggi derivanti dal trattato all’industria automobilifera europea (esistono negli Stati Uniti oggi vincoli legislativi che limitano di molto l’importazione di auto dall’Europa, ostacoli che verrebbero abbattuti con la firma di questo accordo).
Politici che premono per una conclusione rapida, lobbysti e industriali che vedono la stipula dell’accordo come un affare colossale. E alla salute dei cittadini europei chi pensa? E’ certamente importante, ma per qualcuno…si può anche sorvolare certe volte su di essa. In certi casi, importanti. Come questo.
Graziano Dipace