C’è ancora da discutere, da protestare, da battagliare sul caso Varacalli.
Il provvedimento della Corte d’Appello che ha disposto il risarcimento (assai modesto) per il giovane pastore Francesco Baldussu, vittima della calunnia dell’assassino “protetto”, Varacalli, non solo demolisce i tentativi fatti dai magistrati cagliaritani di affermare, più o meno che Baldussu era sì, innocente ma che si era calunniato da sé, aderendo, invece che all’evidenza delle prove ed alla logica manifesta dell’intera vicenda, alle “preoccupazioni” (raccomandazioni) del Procuratore di Torino, Caselli, ma da una patente di vergogna a questo tentativo.
Oramai questo caso passerà alla storia non solo come emblematico della propensione dei cosiddetti pentiti a continuare la loro carriera criminale, utilizzando i “benefici premiali” come mezzo per poter continuare a delinquere.
Resterà come emblematico di una sfacciata complicità di una parte (incontrastata) della magistratura con questa attività criminale, che tende a coprire, in nome della “esigenza di non delegittimare” i pentiti, il che è poi, in fondo la confessione di voler far passare per “collaboratori di giustizia” dei delinquenti che agiscono (e parlano e giurano) appunto, come delinquenti, tali per mentalità, costumi, moralità, non collaboratori ma “collaborati” dai giudici e sulla cosiddetta giustizia.
Il provvedimento della Corte d’Appello evidenzia tutto ciò e costituisce una pesante condanna della “combine” sardo-piemontese tendente a “legittimare” un assassino e calunniatore.
E’ una pesante condanna anche di quella stolta “antimafia” politico-paragiudiziaria che si è manifestata con l’intervento del deputato “demodonciottesco”, il molto onorevole Davide Mattiello, altro “concorrente esterno” della “legittimazione” del ributtante delinquente “protetto”.
I colpevoli e vergognosi silenzi di chi aveva il dovere di pronunziarsi (e di provvedere) di fronte a queste sconcezze, non cessano di essere colpevoli e vergognosi.
E noi non possiamo dirci soddisfatti per come sono andate le cose. Dobbiamo continuare, e continueremo a chiedere che i molti “concorrenti esterni ed interni” di questo crimine siano riconosciuti tali.
Mauro Mellini