Dati sicuri? Presto a dirlo. Ma l’America ha piegato la testa.
Dalla navigazione alla posta elettronica passando per i nostri appunti: pensiamo di averli salvati sul telefonino o sul tablet invece sono su server messi da qualche parte. E siccome gran parte dei giganti del web sono americani, l’accordo Usa-Ue sulla tutela dei dati personali segna un passo avanti per la nostra libertà. Ne è convinto Giuseppe Busia, segretario generale dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali che a “Si Può Fare” su Radio 24 commenta l’intesa “Privacy Shield” tra Unione Europea e Stati Uniti. Prima le autorità americane avevano praticamente libero accesso ai nostri dati, adesso – domanda il conduttore Alessio Maurizi – non sarà più così? “E’ utile usare il condizionale perché adesso abbiamo solo un accordo politico. Manca ancora un testo scritto. Solo quando ci saranno le norme attuative si potrà dare un giudizio. Per ora possiamo dire che è un successo l’accordo. Gli Stati Uniti erano restii anche solo a parlarne. Ora si sono seduti a un tavolo. Sappiamo che ci sono alcune garanzie, dobbiamo vedere le clausole scritte per capire se sono sufficienti”.
L’obiettivo è determinare uno standard che valga per tutte le democrazie, aggiunge Busia: “Si possono fare indagini negli Stati Uniti e in Europa sulla base di soggetti indagati ben precisi. Quello che stiamo riuscendo a fare è che anche negli Stati Uniti se si trova un accordo sugli standard di protezione dei dati e delle libertà questo diventi uno standard per tutte le democrazie occidentali: non è accettabile un controllo generalizzato sui nostri dati, ma solo se una persona è sospettata di terrorismo, per esempio, o di fronte a indagini ben precise”.