Eraldo Pecci é stato calciatore della serie A negli anni ’70 e ’80, affermandosi nel ruolo di regista di centrocampo. Vincitore dell’ultimo scudetto granata nella stagione 1975/76, ha giocato nel Napoli di Maradona, militato nella Fiorentina di Antognoni ed é stato capitano del Bologna “calcio champagne” allenato da Gigi Maifredi. Dopo il ritiro ha fatto il commentatore televisivo per la Nazionale Italiana ed è stato editorialista per il quotidiano Il Giorno. Ha anche scritto “Il Toro non può perdere”, un libro sul vero amore sportivo della sua vita. In questo periodo collabora con San Marino RTV nelle vesti di opinionista nel programma sportivo “Campioni & Campioni”.
Ripercorriamo la sua carriera con una domanda per ogni squadra in cui ha giocato.
Perché chi ha cuore, tifa Toro?
“In genere chi conosce il Toro ne resta affascinato perché é una storia particolare costellata da varie tragedie che puntualmente si ripetono nel tempo, da Superga a Meroni e a quella di Ferrini. Questo fa si che ci si attacchi in maniera particolare alla maglia granata.
Un’altra particolarità molto importante é che nella stessa città in cui opera il Toro c’é la Juventus, una squadra che ha molti soldi e potere perciò esiste il dualismo fra ricchi e poveri. Anche questo incide sul tuo sentirti del Toro, perché in qualsiasi città in cui tu vada dove ci sono due squadre, come Milano, Genova o Roma, a fasi alterne si equivalgono essendo una più forte dell’altra mentre a Torino la differenza é sempre netta”.
Meglio lo “stile Juve” o lo “spirito Toro”?
“Per quello che mi riguarda meglio lo spirito Toro”.
Perché “il Toro non può perdere”?
“Il Toro non può perdere perché nella realtà é un’idea, un modo di essere. E una squadra che ha una storia che nessun altro ha e questa é la sua particolarità. Se ti confronti col Toro sotto il profilo della storia o della vita non può perdere se invece ti confronti sotto il piano dei bilanci o dei risultati magari può non vincere”.
La Fiorentina di Paulo Sousa può essere da scudetto?
“La Fiorentina di Paulo Sousa é un bel viaggio, un bello stato d’animo per questa società che si diverte e per questa città che sogna pero credo che il Napoli e la Roma siano un gradino più in alto”.
Hai giocato nel Napoli di Maradona, ci puoi raccontare qualcosa di Diego?
“Beh Maradona si é raccontato da solo, io credo che sia stato con Di Stefano, Pelé e Cruijff, il più forte giocatore di tutti i tempi e l’ha dimostrato. Per quello che riguarda l’uomo può darsi che qualche sua azione sia stata criticata o discutibile pero é una persona che ha sempre affrontato la sua vita a testa alta, si é preso le sue responsabilità. Io non ho mai sentito parlare male di Maradona da nessuno, né da un collega né da chi ci ha giocato contro, anche quando era in disgrazia, perché era un ragazzo molto disponibile e in buona fede, voglio molto bene a Diego”.
Quali sono gli avversari che ti hanno impressionato di più?
“Ho incominciato a giocare con una generazione di fenomeni come Rivera, Corso, Riva, Burgnich, poi ci sono stati Baggio e via dicendo. Quando c’é Diego di mezzo non ci sono paragoni, poi ci sono gli altri giocatori normali e fra questi ce ne sono stati diversi mentre fra quelli che Dio ha mandato sulla terra a giocare a calcio ricordo Pelé e Maradona, con cui ho giocato”.
Che ricordi hai del Bologna di Gigi Maifredi?
“Dei ricordi molto belli, facevo da mamma a dei giovani calciatori, molti sono cresciuti, per merito loro si chiaro, qualcuno é diventato molto bravo e tutti quanti mi hanno voluto bene, una grande soddisfazione”.
Come vedi l’Italia di Conte agli Europei 2016 in Francia?
“Onestamente devo dire che per adesso l’ho guardata poco. Non mi interessa guardare 300 partite per eliminare Israele o San Marino e dove giochi con l’Albania o Malta e fai magari anche fatica. Aspetto le finali, solo allora sarà interessante guardarle”.
Che cosa ne pensi della vicenda Fifa che ha coinvolto Blatter e Platini?
“Non sono documentato, é chiaro che oltre a un fatto di costume, c’é anche dietro una lotta di potere, quando sapremo la verità allora potremo giudicare, epidermicamente mi piace più Platini di Blatter”.
Meglio il calcio muscolare di oggi o quello “più romantico”dei tuoi tempi?
“Mah noi italiani dobbiamo sempre fare il paragone. Sono evoluzioni, ci sono degli aspetti belli in tutte le cose, io credo che oggi l’atleta sia più formato nel senso che mangiano meglio, forse si allenano anche meglio e via dicendo pero mi sembra che ci sia un pò meno tecnica.
Di certo c’é una cosa che voglio sottolineare: quando in area toccavi Boninsegna o Riva, non si buttavano per terra nell’area di rigore e se li prendevi per la maglia ti davano una gomitata in faccia cosi stavi più gobbo, c’era un senso di rispetto e di onestà maggiore. Del calcio moderno quello che odio sono queste simulazioni che fanno i giocatori per vincere una partita e per punire quegli avversari con cui magari vai in vacanza insieme con le rispettive famiglie.
E una mancanza di rispetto e di valori che proprio non mi piacciono”.
Chi era il tuo idolo?
“Avevo molti idoli che mi piacevano, tutti registi, da Suarez a Bulgarelli, da Corso a Rivera per arrivare a Frustalupi, De Sisti e a Juliano. Questi erano tutti i miei giocatori preferiti”.
Qual é stato il giocatore che ti ha assomigliato di più negli ultimi 10 anni?
“Onestamente non lo so, credo forse Albertini”.
Davide Quaglio Cotti