
Il medico Nicolas Bonnemaison, accusato nel 2011 di avvelenamento di 7 pazienti in fin di vita tra il 2010 ed il 2011, radiato dall’Ordine dei Medici ma prosciolto dalle accuse nel 2014, è stato condannato dalla Corte d’Appello di Anger a 2 anni con la condizionale e sulla base di un solo caso. Il Pubblico Ministero aveva richiesto 5 anni senza esecuzione della pena ma i Giudici si sono dimostrati più morbidi.
Secondo il pubblico ministero Olivier Tcherkessoff, Bonnemaison «Non è un assassino né un avvelenatore nel senso stretto del termine ma ha provocato la morte deliberatamente».
I giudici hanno pensato diversamente come le famiglie della maggior parte dei malati deceduti nonché il suo comitato di sostegno che aveva redatto anche una petizione.
Nel 2014, almeno 200 medici avevano firmato la petizione a suo favore. Intellettuali ed opinione pubblica avevano sostenuto il medico. L’ex Ministro Bernard Kouchner, internazionalmente noto per aver fondato Medici senza frontiere e Médecins du Monde era andato oltre, dichiarando: “Ci sono campi in cui l’illegalità è feconda”. Può essere, ma anche chi è per l’eutanasia e l’accompagnamento di fine vita sa che se non si legifera con senno sulla questione, ogni derapage sarebbe possibile, soprattutto se si lascia al libero arbitrio di un solo medico la decisione di chi può vivere e morire.
Al processo in appello si è espresso il deputato, ed ancor prima medico e cardiologo ancora in esercizio, Jean Leonetti. Lo stesso Leonetti che ha dato il nome alle Legge eponima del 22 aprile 2005 sui diritti dei malati e sulla fine vita.
Pur esprimendo la propria simpatia al dottor Bonnemaison in quanto collega, é’ stato estremamente chiaro: nei casi estremi di fine vita, la legge autorizza la sedazione continua, il che significa addormentare sino alla fine. Ha messo in guardia contro il senso di “onnipotenza” di alcuni medici. Sempre secondo la Legge, ogni iniezione deve essere decisa in concertazione con l’équipe medica e trascritta nella cartella medica. Bonnemaison non ha rispettato questi due passaggi.
L’attuale Legge Leonetti vieta l’accanimento terapeutico ma condanna l’eutanasia attiva stabilendo che “L’ostinazione irragionevole del corpo medico ed il prolungamento artificiale della vita del paziente sono proscritti, anche quando quest’ultimo non è in condizioni di esprimere la propria volontà. Il medico può assumere il rischio di abbreviare la vita somministrando una dose di cure palliative che ritiene necessarie al suo comfort a condizione di informarne il paziente o, eventualmente, la persona di fiducia o un parente”. Nonché “La decisione di interrompere la somministrazione di un trattamento deve essere collegiale”.
Il 5 ottobre scorso, il Parlamento francese ha adottato in seconda lettura la Legge Leonetti-Clayes (Jean Leonetti e Alain Clayes) che attende l’approvazione del Senato. Il nuovo disegno di Legge vuole colmare certi vuoti della precedente inserendo, tra l’altro, la «sedazione profonda e continua» tramite farmaci che porterebbero il paziente in stato di incoscienza. Tuttavia questo emendamento non piace poiché si tratterebbe di aiuto attivo al suicidio secondo alcuni, nonostante che gli autori del testo neghino il principio dell’eutanasia.
Ci si trova di fronte ad una doppia controversia: i sostenitori dell’eutanasia giudicano il testo votato “troppo timido” mentre i contrari lo trovano “pericoloso”.
Il tempo infinito perso in interminabili discussioni sul diritto di una fine vita degna e quale auspicata dal malato lascia aperte le porte a casi come quelli del dottor Bonnemaison del quale non possiamo conoscere le vere intenzioni, e la prova ne sono le interminabili ore di riunione dei Giudici prima di esprimersi, nonché ad una morte dignitosa alla portata soltanto di chi può recarsi in Svizzera o nel Benelux dove si può procedere anche al suicidio assistito.
Poiché troppe persone soffrono l’inimmaginabile mentre ci si batte tra fazioni ed abbiamo diversi esempi di coraggio estremo sia in Francia che in Italia, resta una sola risposta da dare e d’urgenza: il “testamento biologico”, ossia il libero arbitro affinché ognuno di noi abbia potere decisionale sulla propria vita e sulla propria morte. Senza un testamento biologico legale si condannano i malati terminali o in stato di insopportabile sofferenza ad una morte tragica, al contempo, se non si legifera chiunque potrà prendersi il lusso di decidere quale letto liberare…
La sentenza della Corte d’Appello di Anger è forse il frutto del flou legislativo nella materia.
Luisa Pace