“Riprendiamoci l’eredità popolare e progressista”
Jorge Elbaum è stato eletto presidente della nuova organizzazione della comunità ebraica e, discutendo con Página / 12, spiega che ” l’obiettivo è quello di differenziarsi da “l’AMIA e la DAIA, ora alleati ai settori più conservatori della società.”
“Noi siamo la somma delle correnti giudeo -argentine che vantano una storia molto lunga, che hanno fondato un’organizzazione, ma questo è parte di una lunga tradizione di progressisti nazionali popolari, comunisti, anarchici,” dice Jorge Elbaum, nuovo presidente del gruppo “Appello degli argentini ebrei”.
In un’intervista a Pagina / 12, in una pausa durante la commemorazione della ricorrenza di Yom Kippur, Elbaum afferma che sosterranno le “tradizioni cooperative degli immigrati del XIX secolo e le lotte sociali del XX secolo”, che si differenziano da “AMIA e DAIA, ora alleata con i settori più conservatori della società Argentina “. E aggiunge “ci sono molti modi di essere ebrei, e non solo quelli che postulano queste entità. Siamo argentini, latino-americani ed ebrei, e non ci identifichiamo con le politiche coloniali del governo d’Israele. Nel nostro documento di fondazione abbiamo scritto che ci batteremo per la pace e per l’esistenza dello Stato palestinese, due popoli in pace senza colonialismo e con Gerusalemme capitale condivisa “.
Brano tratto da: http://www.pagina12.com.ar/diario/elpais/1-282270-2015-09-23.html
Un breve commento:
Dall’Argentina ci giunge una notizia davvero importante che segnala l’esistenza di fermenti interessanti all’interno del “mondo ” ebraico e smentisce talune frettolose generalizzazioni nelle analisi, nei giudizi verso questo o quell’altro popolo. Si chiarisce, correttamente, la scala delle attinenze: “siamo argentini, latino-americani ed ebrei…”
Una presa di posizione, chiara e forte, che dovrebbe insegnarci a distinguere il grano dal loglio e a lavorare tenacemente per propugnare le giusta via anche quando si ha di fronte un blocco (apparentemente) chiuso, monolitico come quello, oggi, costituito dalla gran parte delle elites ebraiche. Questa notizia dice che è possibile sperare nel ritorno a un ebraismo democratico, popolare, laico, progressista, di sinistra. Illusione? Noi confidiamo nell’intelligenza umana.
Del resto, a parte la tragedia delle atrocità nazifasciste (da condannare senza indugi) contro gli europei ebrei (ma anche contro gli europei zingari, antifascisti, militari non collaborazionisti, ecc), dopo 70 anni, la questione ebraica può essere vista come una delle tante “questioni” etniche, nazionali che si agitano nel turbolento scenario dei popoli del mondo. Senza dimenticare che ad essa la comunità internazionale, l’ONU, diede (1947) una soluzione appropriata che non sembra bastare ai governanti d’Israele.
Per il resto, si può dire che l’essere “ebreo” non è una condizione speciale, ma una specificità etnica, culturale pari a quella di essere o sentirsi italiano, sudafricano, cinese, messicano, ecc,.
Un’analisi laica, depurata dagli integralismi religiosi, dovrebbe privilegiare il dato umano e socio-economico, le condizioni reali degli individui i quali- dovunque nel mondo, anche fra gli ebrei- si dividono in due categorie principali (o classi): i capitalisti sfruttatori e i lavoratori sfruttati.
Questo- a me sembra- lo schema più corretto e realistico, rispetto al quale ciascuno è libero di schierarsi dalla parte che preferisce, evitando però di ammantare gli interessi economici e finanziari sotto il velo della religione che, in quanto esigenza spirituale intima e personale, deve essere tenuta fuori dalla sfera politica ed economica.
Anche la razza c’entra poco o nulla. A noi hanno insegnato che di razza c’è ne solo una: quella umana.
Aggiungo che per l’area mediterranea esistono studi scientifici che dimostrano la comune origine biologica di tutti i popoli rivieraschi, ebrei compresi. (1)
Perciò non si capisce la ragione di volersi differenziare ad ogni costo. Se si accettassero gli insegnamenti di quel grande ebreo che fu Karl Marx la vita di tutti sarebbe più giusta, più degna e pacifica e verrebbero meno i presupposti del razzismo e di qualsivoglia, assurda concezione di superiorità. Poiché i popoli sono tutti uguali: non vi sono “eletti” e “primi dei non eletti”. (Agostino Spataro)
(1) Luigi Cavalli-Sforza- Le risorse umane del Mediterraneo”, Il Mulino, Bologna, 1990