Le elezioni delle scorse settimane hanno segnato in modo inequivoco l’inizio di una parabola discendente, anticipatamente rispetto alle previsioni, dell’”astro” Matteo Renzi.
La “democrazia del gradimento” ha mostrato tutta la fragile precarietà delle sue ascese. Il “rottamatore” che, come tale, era riuscito a farsi scambiare per una sia pur velleitario riformatore, mostra di essere un artefice ineguagliabile dello sconquasso. A quello istituzionale, già evidente anche a chi non si era lasciato prendere, come Giuliano Ferrara, da un pericoloso, ottimistico “nazarenismo” etico-intellettuale nei suoi confronti, si aggiunge ora lo sconquasso politico, specie per le singolari modalità e circostanze (che, in verità gli sono state accanitamente avverse) nella rapida inversione di tendenza delle sue fortune politiche.
Perché è riuscito a lasciare “dietro di sé il diluvio”, appunto, dello sconquasso, con forze tendenzialmente eversive, come i “Cinque Stelle” e la Lega rafforzate ed in ascesa, con un’assicurazione di una ambigua sopravvivenza politica, senza più l’unico ruolo che si era ritagliato, di Silvio Berlusconi, con una spinta, inoltre, cui difficilmente saprà sottrarsi, ad accentuare le sue già clamorose baggianate per cercar di tirar fuori i piedi dalla sabbia mobile del declino incombente.
Perché la botta ricevuta non è tale che gli impedisca di continuare a produrre sconquasso e rovine ancora per un pezzo.
Il vuoto che gli si contrappone è oggi ancor più buio ed insondabile. E questo potrebbe indurre quanti avrebbero il dovere politico-morale di incominciare a riempire quel vuoto di qualcosa di serio e di solido, ad improvvidi e stoltamente generosi tentativi di dare allo sconquassista una mano per non caderci dentro troppo rapidamente.
Può darsi che, se la fortuna, che ora sembra averlo abbandonato, dovesse, imprevedibilmente, come, tutto sommato è stato imprevedibilmente rapido il suo declino, dovesse tornare ad arridergli, Renzi riesca a cavarsela portando personalmente a compimento lo sconquasso così avviato. E’ difficilissimo che ciò possa accadere, ma purtroppo non è impossibile. Purtroppo perché in tal caso le già scarse probabilità di una ripresa morale e politica istituzionale del Paese sarebbero terribilmente allontanate e rovinate.
Se ci sono ancora in Italia menti capaci di vedere al di là della punta del loro naso, di formulare disegni politici degni di tal nome, di spendersi per dar corpo a movimenti e forze politici forti delle loro idealità, credo che il tempo stringa perché non debbano ridursi a cantare il de profundis delle libere istituzioni. Non è certo troppo presto. Né è da sperare che arrivi dal cielo l’aiuto di altre forze e del necessario coraggio perché possano muoversi e sperare. Sperare, invece, con generosità e forza in noi stessi. E senza illusioni di successi immediati e di “aperture” più o meno significative. Lavorare, generosamente, per il domani.
Mauro Mellini – www.giustiziagiusta.info